Spediporto, ultimo appello
GENOVA – Contrazione della domanda di stiva, crollo dei noli, navi che viaggiano al 60% della capacità, indebitamento degli armatori (90 miliardi di dollari, raddoppiato rispetto al 2007) e pagamenti ulteriormente dilazionati: non sono certo positivi i dati elencati dalla presidente di Spediporto Genova Roberta Oliaro nell’assemblea generale al palazzo Borsa Valori presenti anche le massime autorità marittime e portuali liguri.
[hidepost]Nonostante questa realtà – ha detto ancora la presidente Oliaro – i servizi italiani alla logistica “valgono” ancora oggi 200 miliardi di euro, ovvero il 13% del Pil nazionale e 1 milione di posti di lavoro. Di contro, c’è stato e rimane il disinteresse colpevole di chi governa, tanto che la posizione dell’Italia sta arretrando pericolosamente nelle classifiche della capacità di penetrazione commerciale (18° posto tra i 38 paesi europei). Da qui l’appello della Oliaro sia al sistema Italia, sia alla Liguria e a Genova per investimenti nelle infrastrutture, semplificazioni normative e dei controlli e politica fiscale meno oppressiva. Tutte richieste che sembrano destinate a galleggiare nel marasma della politica attuale, anche con chi rema contro “come le Ferrovie dello Stato che ritardano opere fondamentali come il Terzo Valico e la Gronda”, opere peraltro date per scontate anche nella pianificazione dell’Autorità portuale genovese.
Il presidente Oliaro ha sparato anche sulle tante “scelte illogiche” rispetto alle esigenze del comparto logistico e a quanto fatto dall’Europa. Citando i famigerati “costi minimi dell’autotrasporto”, sui quali peraltro c’è stata una chiamata in causa della Corte Europea, la Oliaro ha riferito che secondo studi recenti sono “una peculiarità italiana che non ha eguali in Europa” e che penalizza gli stessi trasportatori locali. Altri affondi sulle semplificazioni normative, attraverso le auto-certificazioni, sull’autonomia finanziaria da riconoscere alle Autorità portuali, sulla “pulizia” dall’eccesso di burocrazia; e in particolare un appello perché l’Italia risalga dalla attuale, mortificante 87° posizione a livello mondiale, nella classifica della capacità di attrarre investimenti (dopo Zambia, Albania e Mongolia…) e si dia finalmente una politica fiscale più semplice e meno demenziale dell’attuale.
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