Commissari per l’ingorgo elettorale?
ROMA – La corsa per sedersi sulle poltrone prossimamente libere è in pieno svolgimento. Ma alle aspirazioni dei tanti che sgomitano, metterà un freno quasi certamente la “vacazio” parlamentare di primavera.
[hidepost]Fateci caso un attimo: le presidenze scadono in genere a marzo, poi ci sono 45 giorni di possibile proroga. E se nel frattempo non c’è la nuova nomina, si va al commissariamento dell’Autorità portuale.
In teoria di tempo ce ne sarebbe. Però la legge 84/94 stabilisce che per nominare un presidente di Port Authority debba esserci non solo il concerto tra il ministro e il presidente della Regione, ma anche il parere – necessario sebbene non vincolante – delle commissioni parlamentari. Ed è molto probabile che quando l’iter delle nomine arriverà a questo passaggio, le nuove commissioni parlamentari ancora non ci saranno. Vogliamo essere ottimisti? Magari potrebbero anche esserci, con un blitz improbabile di efficienza del nuovo governo: ma in ogni caso avrebbero un tale arretrato di lavoro che sarebbe quasi impossibile dare la priorità ai pareri sulle nomine.
C’è dunque la legittima presunzione che per le tre Autorità portuali di cui parliamo si vada più o meno certamente al commissariamento. Che potrebbe anche voler dire prolungare il mandato degli uscenti – come commissari – ma che potrebbe anche aprire un nuovo valzer di nomine, investendo magari alcuni politici unti dal Signore tra quelli che rimarranno disoccupati dopo le elezioni; o ricorrendo – e sarebbe il male minore – agli altrettanto numerosi ammiragli delle Capitanerie che gravitano a margine dei partiti maggiori.
Il problema dei rinnovi, e quello della coincidenza delle scadenze con la fase post-elezioni, è stato esaminato anche in Assoporti. Ma non sembra che ne siano emersi suggerimenti risolutivi; anche perché da tempo i governi italiani sembrano essere interessati a tutto meno che alla nostra portualità.
A.F.
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