Evoluzione della logistica tra realtà e speranze
Alla base dell’incontro, il quasi certo blocco della legge di riforma portuale – I richiami alle normative europee sui sistemi – Il ruolo delle ferrovie cargo anche nei porti

Da sinistra: Corrotti della Federmanager, il sindaco di Livorno Cosimi, Tonci anch’egli di Federmanager, la professoressa Colombini e Piero Neri.
LIVORNO – Non si può dire che il De Profundis recitato dalla crisi di governo alla legge di riforma della 84/94 abbia portato a strapparsi i capelli i tanti Vip della logistica e portualità che hanno partecipato, lunedì scorso, al convegno della Federmanager sul “riordino della normativa dei porti”. Anzi, quando Piero Neri dell’omonima impresa, a nome di Confindustria Livorno ha detto papale papale che il testo licenziato dal Senato e destinato probabilmente a diventare legge era più che altro un “maquillage della legge ormai quasi ventennale”, molti hanno applaudito. Come a dire: ci saremmo aspettati di più e specialmente più concretezza. Neri ha tra l’altro sottolineato l’assurdo dirompente della tassa regionale toscana (unica Regione a farlo) sulle concessioni demaniali portuali, che rischia di creare un incolmabile gap concorrenziale sia tra i porti nazionali che con quelli del Mediterraneo.
[hidepost]Problema vero – è il succo degli interventi – è che dopo diciotto anni di vita, la legge 84/94 è sotto molti aspetti più che superata, eppure tutti i tentativi di renderla attuale e moderna ad oggi sono falliti. Il che conferma – per andare al sodo del dibattito – che il nostro paese non ha mai messo in primo piano né una concreta politica della portualità né tantomeno un progetto articolato di logistica intermodale.
Vogliamo consolarci? Sia dagli interventi che si son succeduti fino alla successiva tavola rotonda, sia dall’esposizione articolata del vicedirettore del CERTeT della Bocconi Oliviero Baccelli, è emerso che questa programmazione ad oggi elusa da tutti i governi nazionali sta diventando una delle linee-guida dell’Unione Europea; e sarà quindi giocoforza adeguarvisi anche da parte dell’Italia.
Un convegno certo interessante, quello tenuto presso il Polo Universitario dei Sistemi Logistici di Livorno, anche per i personaggi che vi hanno preso parte. Dopo la presentazione del Polo e delle sue attività da parte del suo direttore, la professoressa Giovanna Colombini, hanno parlato il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, Claudio Tonci di Federmanager, il già citato Piero Neri, il professor Baccelli della Bocconi e il senatore Marco Filippi, che insieme al collega Luigi Grillo si considera un po’ il padre della riforma varata dal senato e rimasta a metà del guado. Alla successiva tavola rotonda hanno partecipato l’avvocato marittimista Luciano Canepa, presidente dell’Authority portuale di Ancona, il suo collega presidente dell’Authority di Genova e di Assoporti Luigi Merlo, il presidente dell’Authority di Livorno Giuliano Gallanti, l’ammiraglio Raimondo Pollastrini, già comandante del corpo delle Capitanerie e oggi consigliere della Corte dei Conti e il presidente dell’Unione Interporti Riuniti Alessandro Ricci. La proposta finale, che è indubbiamente ragionevole ma cade nel mare magnum del bla-bla-bla partitico per l’avvitarsi della crisi di governo, sottolinea l’esigenza di una specifica politica nazionale di supporto del traffico ferroviario in collegamento intermodale da e per i porti con normative specifiche che alleggeriscano dalla burocrazia e dagli eccessi di statalismo i sistemi portuali. Dalla riforma ci si aspetterebbero norme più chiare sulle competenze tra Stato e Regioni, sugli iter dei piani regolatori portuali, sulla disciplina delle concessioni che accogliesse anche le indicazioni dell’Unione Europea, sul funzionamento delle Authorities portuali e sulla flessibilità delle imposizioni fiscali nei porti. Tanto? Sono solo alcune delle indicazioni scaturite dal dibattito. Perché a voler entrare nel dettaglio, ce ne sarebbe (come ce ne sono state) per tutti: dai governi alla gestione morettiana delle ferrovie cargo, dalla cecità fiscale di certe Regioni agli eccessi di auto-refenzialità dei Comuni sui piani regolatori portuali, dall’abissale differenza degli investimenti pubblici (e anche privati) nei porti italiani rispetto a quelli del range nord-europeo ma anche della sola sponda est dell’Adriatico (con Koper che in pochi anni ha superato nel movimento dei containers sia Venezia che Trieste): e così via, in crescendo rossiniano che però non strappa certo gli applausi del mondo portuale nazionale.
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