Il “mostro” offshore per Venezia frantuma Assoporti ed il Napa
Anche Koper ne approfitta per ricavarsi una politica autonoma sul corridoio Adriatico/Baltico – I dettagli tecnici della piattaforma, che avrebbe un secondo porto in terraferma e un collegamento con chiatte o addirittura un tunnel sottomarino
ROMA – Il “caso Venezia” continua ad essere nell’occhio del tifone, anche se le varie fonti ufficiali tentano di minimizzare al massimo. E’ il caso di Assoporti, che dopo la iniziale “sparata” del presidente Luigi Merlo – e l’uscita sbattendo la porta dello scalo di Ravenna sia dall’associazione che dal NAPA – ha subito annacquato i toni, accontentandosi sul tema di “chiedere al governo un tavolo permanente di confronto al fine di scongiurare che, per rispondere a particolari esigenze, si vadano a precondizionare esigenze e futuri sviluppi del settore”.
[hidepost]Una specie di ruggito del topo, dopo le battagliere dichiarazioni di partenza contro il blitz del presidente dell’Authority di Venezia all’interno del DDL di stabilità con 100 milioni (iniziali) a favore di un nuovo porto-containers offshore al largo di Venezia. C’è da dire che la vicenda si presenta complessa e con schieramenti tutt’altro che disposti a cedere, visto che le istituzioni regionali sembrano essersi schierate dalla parte del “blitz” di Venezia, mentre il senatore Luigi Grillo della commissione trasporti al senato tende ad annacquare la vicenda e di contro l’europarlamentare Debora Serracchiani, candidata alla presidenza del Friuli-Venezia Giulia, chiama all’appello i parlamentari per “una linea di difesa comune del porto di Trieste”, che sarebbe il più penalizzato dal progetto di un mega-terminal offshore davanti a Marghera. La Serracchiani tra l’altro ricorda che proprio in questo periodo il governo dovrebbe intervenire con la massima determinazione per bloccare le manovre della Slovenia tese ad assicurare un collegamento diretto del porto di Koper (Capodistria) con il corridoio Adriatico-Baltico, provocando la lesione oggettiva delle capacità competitive del porto di Trieste e del tutto fuori dalla logica di cooperazione dei porti dell’Alto Adriatico e in stridente contrasto con la strategia ispiratrice del “core network corridor”.
Nella sostanza, il blitz a favore del terminal offshore di Venezia nel DDL di stabilità sembra aver già prodotto due disastrose conseguenze: lo sfaldamento in Assoporti – l’uscita di Ravenna è solo un primo segnale – e il frantumamento del NAPA, ovvero del network dei porti dell’Adriatico, fornendo anche a Koper l’occasione per incrementare le politiche degli interessi personali anche in ambito UE.
Per quello che riguarda il progettato terminal offshore, emergono particolari del progetto che sembrano legati a un delirio di onnipotenza. Intanto si parla di 100 milioni dello Stato italiano come semplice acconto di spesa, visto che il costo complessivo del progetto sarebbe di 1,5 milioni di euro solo per il completamento degli aspetti legali e finanziari, lasciando presumere costi fantascientifici. La piattaforma offshore sarebbe una specie di porto artificiale a 8 miglia dalla costa veneziana, in zona tra l’altro sensibile sia ambientalmente che per il forte traffico di navi mercantili, da diporto, da crociere e da pesca, dove le grandi portacontainers (ipotizzate fino a 20 mila teu di portata) sbarcherebbero il proprio carico per farlo immediatamente reimbarcare – su il lato opposto della suddetta “isola”- su chiatte che porterebbero i containers in un secondo porto, quello terrestre, in area Marghera. Poiché è evidente anche ai meno esperti che questa “rottura di carico” costerebbe almeno 200 euro a teu – costi attuali – c’è un’ipotesi alternativa alle chiatte, quella di una ferrovia sottomarina in tunnel: che peraltro richiederebbe altri colossali investimenti. Il tutto dovrebbe essere realizzato in 5 anni soltanto, il che appare perlomeno utopistico con i tempi delle opere di questo genere in Italia. Ma l’elemento di maggior critica – come sta emergendo in particolare nei settori armatoriali – è che si vorrebbe aggiungere alla pletora dei porti italiani – ben 126 scali classificati – un 127° porto a poca distanza da un sistema portuale europeo in forte crescita com’è quello di Trieste, Koper e in linea minore Ravenna ed Ancona, quando la vera vocazione di Venezia dovrebbe concentrarsi sulle straordinarie possibilità offerte dal suo essere città unica al mondo per il turismo anche nautico. E a fronte di questa vocazione, si vuole invece istallare un “mostro” marino per traffici di containers cacciando addirittura dalla laguna le grandi navi da crociera che sono la vera vocazione della città, possono confermarsi una delle sue ricchezze, e inquinano certamente assai meno delle full-containers. Misteri della psiche umana….
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