S’infiamma il dibattito sull’autoproduzione botta e riposta tra armatori, porti ed Ancip
Il tema del lavoro a bordo entra nel vivo e cerca la sponda del governo – Nel mirino anche i servizi tecnici e nautici compresi quelli di rimorchio e della sicurezza – La linea dei portuali
ROMA – Il tema è caldo: e lo sarà ancora di più nei prossimi giorni quando il nodo della liberalizzazione dei servizi portuali, compreso il dettaglio della manodopera per l’autoproduzione a bordo, in qualche modo arriveranno all’agenda del governo.
[hidepost]Per il momento si assiste a uno scambio di documenti, di richieste e di risposte per singoli settori. Ha aperto il fuoco Confitarma che, come abbiamo pubblicato, ha chiesto l’allargamento dell’autoproduzione sulle navi delle Autostrade del mare. In parallelo stanno venendo avanti istanze anche di revisione dei servizi portuali ausiliari – rimorchiatori in particolare – e delle relative tariffe: con sostenitori di questa revisione anche in Assoporti, dove i corifei della linea sembrano essere ad oggi i presidenti Costa e Gallanti. Assoporti a sua volta ha già risposto a Confitarma, sia in risposta alla richiesta dell’autoproduzione, sia per mettere sull’avviso Assorimorchiatori. Per quest’ultimo comparto, sembra che l’associazione delle Autorità portuali si stia orientando su una proposta di “pagare tutti per pagare meno” proposta che comporterebbe di spalmare il costo dei servizi delegati alla sicurezza anche sulle navi che attualmente non pagano.
Siamo, come accennato sopra, solo all’inizio di un dibattito che probabilmente si svilupperà con forza nei prossimi tempi. E sul dibattito interviene anche l’Ancip, l’associazione delle Compagnie portuali, con una nota di cui riportiamo gli elementi salienti. Eccola di seguito.
“L’organizzazione delle operazioni portuali e, di conseguenza, del lavoro portuale in Italia – scrive ANCIP – è impostato su criteri che hanno cercato di coniugare l’efficienza, la produttività, la sicurezza e la professionalità a livelli di elevato standard qualitativo.
“L’insieme delle normative ha creato uno dei sistemi in cui la flessibilità ha la massima attuazione, pur in un contesto “regolamentato”.
“Le operazioni portuali possono essere svolte dai singoli terminalisti con lavoratori alle dirette dipendenze e possono essere terziarizzate ad altre imprese portuali in tutto od in parte.
“In aggiunta a ciò c’è la possibilità di superare i vincoli del “subappalto di manodopera”, che è vietato in tutti i settori lavorativi, ricorrendo a società create ad hoc, con manodopera professionalizzata e adeguata alle specifiche esigenze di ciascun porto.
“In aggiunta a tutto questo è possibile il ricorso al cosiddetto “lavoro interinale” per coprire la eventuale ulteriore mancanza di personale.
“Anche gli armatori possono ottenere le autorizzazioni ad operare come impresa portuale – continua ANCIP – ovviamente nel rispetto delle regole “comuni” agli altri terminalisti al fine di evitare concorrenze improprie.
“Anche in conseguenza di tutto ciò nei porti italiani i parametri di produttività dei lavoratori sono superiori a quelli dei lavoratori del Nord Europa, mentre le tariffe portuali in Italia sono forse fra le più basse, anche nello specifico settore delle autostrade del mare.
“E’ quindi con estrema amarezza che ANCIP prende atto della richiesta di autoproduzione dei servizi portuali e tecnico nautici effettuata da alcuni armatori del settore “Autostrade del Mare”, inviata al ministro per lo Sviluppo.
“Si ricorda – continua ANCIP – che la discussione sul fatto che il rizzaggio o derizzaggio fossero una operazione tecnico nautica, ovvero una “operazione portuale”, è una vecchia diatriba sulla quale la giurisprudenza sembra andare nell’indirizzo di separare questa operazione essenziale per garantire la sicurezza in navigazione, dalle normali attività nautiche, facendola configurare come un’operazione portuale. Non è casuale che nell’ordinamento attualmente in vigore la trattazione dell’ “autoproduzione” scaturisca dal D.M. n. 585 del 31/03/1995, che regolamenta le attività delle imprese portuali autorizzate ex art. 16 a svolgere operazioni portuali.
“Come già detto, in Italia l’autoproduzione di operazioni portuali da parte degli armatori non è assolutamente vietata, ma regolamentata in modo tale che vi sia una separazione fra quanto attiene alla fase di navigazione e le relative professionalità da quella che si configura come “attività portuale”, separazione che si ricongiunge ottenendo le necessarie autorizzazioni ed assolvendo agli obblighi a carico di qualunque “terminalista”.
“La richiesta di totale deregolamentazione nei porti – dice ANCIP – effettuata da questi armatori del settore Autostrade del Mare, per come esposta, potrebbe produrre qualche risparmio sui propri bilanci, ma di sicuro produrrebbe un peggioramento dei livelli dei servizi erogati nei porti, produrrebbe un basso livello di sicurezza nel lavoro in ambito portuale, ma aprirebbe anche una nuova fase sociale di conflitti che, riteniamo non faccia bene a nessuno.
“Metterebbe inoltre in seria difficoltà, in un momento di particolare crisi occupazionale ed economica, l’insieme delle imprese che sono strutturate a norma di legge per svolgere quel tipo di operazioni nei porti.
“Se vogliamo fare una discussione seria e costruttiva – conclude ANCIP – dobbiamo affrontare i nodi strutturali del comparto marittimo e portuale, che non passano certo da posizioni ideologiche come quelle espresse dagli Armatori che hanno prodotto queste richieste che vanno nella direzione di impoverire il sistema nella sua totalità. D’altronde, negli anni, gli armatori hanno saputo individuare ed ottenere quei provvedimenti atti a renderli più competitivi sul mercato (Registro, tonnage tax ed altri sgravi)”.
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