Drill baby, drill
La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”. Da inveterato pessimista, vedo bene gli aspetti negativi del New Deal trumpiano: dalle Borse ai borsellini, tutti strillano, anche se al momento molti dazi sono solo annunciati e su una parte si sta trattando tra diplomazia e calci nei coglioni.
Coglierei però anche con una nuova attenzione due aspetti: il calcolo di Confindustria secondo cui certi sciagurati balzelli Ue (vedi Ets sui traffici navali) incidono negativamente più dei dazi trumpiani; e i costi dell’energia per le imprese e le famiglie italiane, legati alle scelte politiche tutte nostre, di aver chiuso con le estrazioni di idrocarburi e gas dalle nostre pur ricchi riserve.
Certo, semplifico e probabilmente vedo la cosa da cronista di provincia, con ottica limitata per cultura e per età: ma mi chiedo se l’invito (negli Usa l’ordine) di Donald Trump “Drill baby, drill” non debba far riflettere anche a Roma. E in tempi veloci, non i soliti con decisioni – come si dice in Toscana – a babbo morto.
A.F.