La Guardia Costiera scova oltre 500 illeciti ambientali: i guai più gravi
Rifiuti buttati nelle fogne, permessi mancanti: più di 1,3 milioni di multe
ROMA. La Guardia Costiera l’ha chiamata “Oro Blu”, è una operazione nazionale di polizia ambientale che ha tenuto banco da metà gennaio per tre mesi fino a oggi, 18 aprile. I numeri parlano da soli: complessivamente 28.346 controlli. Fra questi:
- 749 in tema di scarichi idrici (nel 6% dei casi sono risultati sprovvisti di autorizzazione),
- 070 sul ciclo dei rifiuti (circa 400 tonnellate di rifiuti sottoposti a controllo per una superficie di oltre 20 milioni di metri quadrati, pari a 2mila campi di calcio)
- 527 per individuazre fenomeni di inquinamento marino,
- 053 controlli sul contrasto degli abusivismi demaniali,
- 111 controlli nelle aree marine protette
Le 7.279 missioni effettuate, tra terrestri e navali, hanno portato – viene spiegato dalla sede centrale della Guardia Costiera – a «contestare 549 illeciti ambientali, di cui 226 amministrativi (97 per irregolarità in tema di scarichi idrici, 96 sull’irregolare gestione dei rifiuti, 5 per inquinamenti in mare, 19 per inosservanza di norme sull’uso del demanio marittimo e 9 per violazioni ai disciplinari di gestione delle aree marine protette)». Complessivamente si tratta di multe per 1,33 milioni di euro.
A ciò si aggiungano 323 illeciti penali: 96 dei quali per irregolarità in tema di scarichi idrici, 130 sull’irregolare gestione dei rifiuti, 10 per inquinamenti in mare, 83 per fenomeni di abusivismo demaniale e 4 per violazione al disciplinare di gestione delle aree marine protette. Sono stati effettuati 151 sequestri: 46 per irregolarità in tema di scarichi idrici, 63 sull’irregolare gestione dei rifiuti con una superficie occupata di 11.560 metri quadrati). Da segnalare che sono stati scovati 42 casi di abusivismo demaniale (con una superficie occupata di 11.986 metri quadrati).
In particolare, sono interessanti alcune sottolineature che riguardano la Direzione Marittima di Livorno e l’esito dei controlli effettuati. A cominciare dal fatto che «due frantoi oleari situati in provincia di Pisa» sono finiti nel mirino di «un’accurata attività di controllo ambientale»: è stato scoperto così «l’abbandono di rifiuti consistenti in acque di vegetazione e sanse umide derivanti dal processo di frangitura delle olive».
C’è da dire che in un altro frantoio, ma in provincia di Grosseto, il legale rappresentante della società che lavora nell’impianto è stato deferito all’autorità giudiziaria per «violazioni relative alla gestione dei rifiuti e degli scarichi».
Invece, in un cantiere navale a Livorno, il rappresentante legale di una ditta in subappalto – viene messo in rilievo – è stato «denunciato per aver immesso nelle acque superficiali rifiuti liquidi non pericolosi»: li ha riversati nelle fogne delle acque piovane attraverso una caditoia e da lì sfociavano «direttamente in mare senza alcun trattamento depurativo preliminare.
Altro cantiere navale, stavolta in zona Orbetello: l’ispezione ha fatto emergere «irregolarità riguardanti la gestione degli scarichi e del ciclo dei rifiuti». Ad esempio, è stato accertato – si afferma da parte del quartier generale della Direzione marittima di Livorno – «lo scarico illecito di reflui industriali e la mancanza di un adeguato impianto di abbattimento delle polveri sottili derivanti dalle lavorazioni navali (verniciatura, applicazione di antivegetativa, smerigliatura e lavaggio)». Tali polveri sono state smaltite senza neanche l’ “autorizzazione unica ambientale”: per tale ragione le aree destinate all’attività cantieristica sono state sequestrate e il legale rappresentante della società è stato deferito all’autorità giudiziaria.
Altri controlli hanno riguardato «anche le attività di autolavaggio e di lavanderia»: numerose sono state «controllate e sanzionate per il mancato rispetto delle prescrizioni ambientali contenute nelle rispettive autorizzazioni».

La sede della Guardia Costiera a Livorno
Emerge, dunque, una attività imponente nata per iniziativa del Comando Generale della Guardia Costiera e attuata attraverso il Centro di Controllo Nazionale Ambiente. Obiettivo: tutelare l’ambiente marino-costiero ed in particolare contrastare gli illeciti ambientali in materia di scarichi idrici.
L’operazione “Oro blu” è stata suddivisa in due fasi: la prima, ricognitiva degli obiettivi; la seconda, concentrata sull’attività operativa di ispezione e campionamento. Fra le attività i cui cicli di produzione possono dare origine a scarichi reflui potenzialmente in grado di inquinare le matrici ambientali, sono state scandagliate soprattutto quelle relative all’ambiente marino costiero: ad esempio, scarichi fognari industriali presso cantieri navali, depositi costieri, impianti portuali, autolavaggi e lavanderie, piscine, caseifici, frantoi, aziende vinicole, concerie e colorifici, scarichi reflui domestici presso attività alberghiere e di ristorazione e scarichi reflui urbani presso depuratori comunali e impianti fognari.
Per l’analisi dei campionamenti effettuati nel corso dei controlli ambientali, sono stati coinvolti il Laboratorio Analisi Ambientali della Guardia Costiera, situato a Fiumicino e intitolato al comandante Natale De Grazia, ufficiale martire dell’impegno per la difesa del mare dai trafficanti di rifiuti: sono stati analizzati 40 campioni di acque di scarico e accertate 12 violazioni accertate per superamento delle concentrazioni previste dalla legge (oltre a coinvolgere i laboratori delle Arpa locali e il Laboratorio Ambientale Mobile della Guardia Costiera)
L’ ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera, tiene a mettere in evidenza lo sforzo operativo nei mesi invernali profuso dalle donne ed uomini impegnati lungo gli 8mila km di coste e nell’entroterra: gli «importanti numeri» dell’operazione “Oro blu” – segnala – «ben testimoniano come la Guardia Costiera stia investendo sempre più sulla tutela e protezione dell’ambiente marino e costiero». Si è data così continuità ad un impegno che «nel 2024 ha fatto registrare oltre 140mila controlli in questa materia, accertando e sanzionando fonti inquinanti che rischiavano di compromettere aree naturalistiche e di balneazione, con potenziali ricadute negative sull’economia di tante realtà territoriali che hanno nel mare la propria ricchezza».