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L'ANALISI

Un mare di droga che viaggia per mare

Il trasporto marittimo costituisce ancora la via maestra per trafficare droga. E la via atlantica è ancora il corridoio privilegiato. La cocaina, coltivata in Sud America, passa spesso per i possedimenti britannici, francesi e olandesi nei Caraibi, per poi essere trasportata attraverso l’Atlantico, entrando soprattutto dai porti spagnoli, olandesi e belgi. Ma anche lo scalo livornese è coinvolto nel traffico.

Vendere cocaina in Europa conviene: mentre il mercato americano offre circa 28mila dollari al chilo per comprare la nota polvere bianca, in Europa la si può smerciare intorno ai 40-50mila dollari, con picchi in paesi come l’Estonia, dove può raggiungere i 220mila dollari. Per non parlare dove per il solo consumo individuale di droga è prevista la condanna a morte, come nell’Arabia Saudita, dove la cocaina può toccare i 533mila dollari al chilogrammo. Per questo l’obiettivo dei trafficanti è raggiungere i mercati del Vecchio Continente, più remunerativi rispetto a quelli nord-americani. E per fare ciò, i porti rappresentano gli snodi centrali di una rete mondiale, a cui le autorità dei vari paesi non sembrano riuscire a opporsi efficacemente.

A dire il vero, i sequestri di cocaina sono aumentati, negli ultimi anni. Secondo un recente report di Unodc (agenzia Onu per il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine a esso legata), dal 2006 al 2020 sono stati intercettati il 94% in più dei quantitativi di cocaina rispetto al periodo precedente; tuttavia, questo dato va messo in rapporto all’aumento della produzione, che nello stesso periodo ha fatto segnare un +44%, con tre paesi a monopolizzarne la coltivazione: Colombia, Brasile e Perù. D’altra parte, la richiesta è in costante sviluppo, e c’è chi ha tutta l’intenzione di soddisfarla.

Le vie per raggiungere la sospirata Europa sono relativamente più semplici rispetto a quelle nord-americane. Se gli Stati Uniti spendono circa 18 miliardi all’anno per combattere questi traffici, l’Europa ve ne destina non più di 3-4, rendendo le proprie frontiere, soprattutto marittime, maggiormente permeabili. Il che si traduce con una capacità di sequestro della cocaina che non supera il 12% del quantitativo totale in entrata. E la grande maggioranza della merce arriva via marittima; da diverso tempo si è anche diffusa la modalità “mule”, ossia nascondere fra gli abiti, o in un pc di un passeggero di un volo commerciale piccoli quantitativi di sostanze stupefacenti, o anche la modalità “swallowing”, riempiendo parti del corpo del corriere (soprattutto intestino, ma anche retto o vagina) di droghe quali eroina, cocaina o ecstasy, avvolte in minuscoli palloncini. In caso di successo nel passare le frontiere aeroportuali, queste droghe vengono poi espulse vomitando o mediante feci, e quindi scaricate dai palloncini che le avvolgono. Queste modalità, tuttavia, non garantiscono il trasporto di grandi quantitativi di droghe. Ecco allora che la via marittima, specialmente la rotta atlantica, resta prioritaria per i grandi cartelli sudamericani, quali il brasiliano Primeiro Comando da Capital (Pcc), o il Sinaloa messicano e il colombiano Clan del Golfo.

Sul lato sudamericano, la funzione dei porti “europei” caraibici è sempre più importante: secondo una pubblicazione del Center for Strategic and International Studies, oltre a piccoli paesi insulari come Trinidad e Tobago, o la Repubblica Dominicana, anche la Guiana francese (da dove parte il 15-10% dell’intera cocaina che poi raggiunge la Francia), i territori caraibici olandesi (come Aruba, St. Marteen e Curação) o le Isole Vergini Britanniche costituiscono basi logistiche assai pratiche, visto che le sostanze si trovano già in territorio europeo, e smerciarle verso le rispettive madrepatrie non è così difficile. In molti casi, un punto di appoggio è costituito da paesi afro-atlantici, già classificati come narco-stati, quali Guinea-Bissau o, ultimamente, anche paesi con una stabilità istituzionale maggiore, quali Senegal o Capo Verde, ma con enormi difficoltà a pattugliare i propri mari e i propri porti. Dal Sud America e dai Caraibi, la cocaina viene messa in container che contengono soprattutto alimenti deperibili, che necessitano di un controllo doganale rapido. Il 70% della droga europea ha la sua porta di entrate in tre paesi: Spagna, Belgio e Olanda, col porto di Rotterdam come il più importante.

I porti italiani, però, stanno acquisendo sempre maggiore rilievo, con la ‘ndrangheta calabrese ad avere acquisito il sostanziale monopolio di questi traffici a livello nazionale. Il porto principale per lo smercio di cocaina (ma anche di eroina dall’Afghanistan) era, fino a pochi anni fa, Gioia Tauro; poi, a causa di controlli sempre più serrati da parte delle autorità, Trieste, insieme a Venezia e Capodistria, sono diventati i riferimenti dei cartelli colombiani e del loro principale alleato, la ‘ndrangheta. Anche Livorno, sul lato tirrenico, ha visto un incremento dei quantitativi di cocaina in arrivo (e anche di quelli sequestrati). Soltanto a gennaio di quest’anno, nello scalo livornese sono stati sequestrati 217 kg di polvere bianca, messi in un container di legname proveniente dal Sud America, come la stampa locale ha ampiamente riportato. Grosso modo lo stesso quantitativo sequestrato, nel medesimo periodo, a Madrid, dove la cocaina era entrata dal porto de Algeciras (Andalusia), a Napoli, ad agosto del 2024, mentre 54 kg sono sequestrati pochi giorni fa al porto del Pireo, in Grecia, e 240 a Genova.

Gli effetti dell’entrata di sostanze stupefacenti attraverso il porto di Livorno si stanno facendo sentire da tempo: non più tardi di inizio marzo, un’operazione dei carabinieri ha portato all’arresto di una donna livornese – la cui abitazione serviva da centro di smistamento di cocaina e hashish – e di un cittadino nord-africano, fermato in Via del Seminario. D’altra parte, anche lo scalo aeroportuale di Peretola – certo non fra i principali in Italia – è il terzo per sequestro di sostanze stupefacenti, dopo quelli di Fiumicino e Malpensa. Un indicatore molto significativo che la Toscana è ormai entrata nel grande giro del traffico e del consumo di stupefacenti, dove quasi il 38% dei consumatori di tali sostanze è rappresentato da giovani fra i 18 e i 14 anni. Un primato per niente invidiabile…

Luca Bussotti

(Luca Bussotti è africanista, docente universitario in Mozambico, Portogallo e Brasile, oltre a essere visiting professor in atenei italiani quali Milano e Macerata)

 

Pubblicato il
9 Aprile 2025
Ultima modifica
11 Aprile 2025 - ora: 01:56
di LUCA BUSSOTTI

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