Cosa c’è dietro il business della premiata ditta Pirati & C.
Muove una montagna di soldi: fra 7 e 12 miliardi di dollari
LIVORNO. Correva l’anno 1581 quando Elisabetta I d’Inghilterra concesse a Francis Drake il titolo di “sir”, dopo che, l’anno prima, aveva circumnavigato la Terra, per la prima volta nella storia della navigazione. La regina fu ricompensata pochi anni dopo, quando Drake sconfisse l’Invincibile Armata spagnola, nel 1588, fatto che gli meritò l’appellativo di “corsaro” da parte degli iberici, con una taglia di 20mila ducati messa sulla sua testa da parte di Filippo II. Taglia che non fu mai riscossa, visto che sir Francis Drake morì non in battaglia, bensì di una banale, ma al tempo letale, dissenteria, nel 1596, a soli 55 anni.
Da allora, scrittori di ogni tendenza si sbizzarrirono a raffigurare pirati e anche piratesse – dalle britanniche Anne Bonny e Mary Read alla cinese Ching Shih – facendone eroi ed eroine, e identificandole con l’avventura, la libertà, l’anticonformismo. La realtà, però, è stata ben diversa, e lo è ancora oggi: la pirateria è un fenomeno ancora presente in alcune parti del pianeta, avendo ben poco di eroico e leggendario.

Una delle immagini-cult del film “I pirati dei Caraibi”
I dati parlano da soli: secondo i report dell’International Maritime Bureau, nel 2024 gli attacchi associati alla pirateria sono stati 116 in tutto il mondo. Un numero in diminuzione, rispetto ai 132 del 2021, o ai 120 del 2023. Ma comunque un dato significativo, e concentrato in alcune, specifiche aree del pianeta: nei Caraibi, dove il fenomeno è tornato in voga a partire dal decennio scorso, nei pressi del Falcon Lake, un lago al confine fra Messico e Stati Uniti, nel Golfo di Guinea, nell’Oceano Indiano, all’altezza delle coste somale, nello Stretto della Malacca, in Indonesia, nel Mar di Sulu e Celebes, nel Pacifico Occidentale.
Il costo della pirateria a livello mondiale è stimato attestarsi fra i 7 e i 12 miliardi di dollari, per la maggior parte da attribuire ad aspetti assicurativi (fino a 3 miliardi di dollari), mentre, nel 2021, i paesi dell’Africa Occidentale, Nigeria in primo luogo, hanno speso circa 550 milioni di dollari per combattere e prevenire la pirateria. Un dato che sale a circa 4,5 miliardi di dollari nell’intervallo di tempo fra il 2011 e il 2021.
Gli assalti dei pirati sono oggi più violenti che in passato: le armi disponibili sono ormai molto sofisticate, tanto che i vari pugnali, spade e coltelli sono un mero ricordo. La maggior concentrazione degli assalti avviene in spazi marittimi di paesi in forte crisi istituzionale, o addirittura al collasso, quali Haiti o Somalia.
Anche le tipologie di chi realizza gli assalti variano. Nei Caraibi, per esempio, la terra di elezione di mitici corsari, quali Henry Morgan o Amaro Pargo, e di porti altrettanto famigerati (Fort Saint Louis nella Martinica, Port Royal in Jamaica e altri), si tratta di un’attività portata avanti da criminali comuni. In alcuni casi, addirittura, è un ripiego da parte di semplici pescatori, che le circostanze contingenti hanno indotto a intraprendere azioni illecite.
Con la crisi dello stato venezuelano, per esempio, la maggior parte di questi ex-pescatori ha dovuto cedere le attrezzature per la pesca al tonno, al polpo, ai gamberi e ad altri crostacei di alto valore commerciale, cosicché la scelta è stata necessaria. Si sono messi in mare ad assaltare navi nelle acque al largo di paesi come Guyana, Suriname e Trinidad e Tobago, al fine di procacciarsi quanto non riescono più a pescare in modo diretto; in alcuni casi, la loro attività è sfociata anche in sequestri a fini di riscatto degli equipaggi, come accaduto nel 2019 presso le acque di Trinidad da parte di pirati venezuelani.
Ancora peggio è andata a gennaio del 2024, quando una nave Msc Magali battente bandiera panamense è stata assaltata da pirati haitiani (altro paese in via di dissoluzione, comandato da bande rivali) presso il porto di Port-au-Prince. L’intero equipaggio fu catturato, una parte del materiale trasportato (soprattutto riso) fu rubato, mentre alla polizia locale non restò altro da fare che impegnarsi in un vero e proprio assalto alla nave sequestrata, con tanto di ferimento di due membri delle locali forze dell’ordine, e l’uccisione di diversi uomini che avevano partecipato all’azione di pirateria.
Se nei Caraibi la pirateria rappresenta un fenomeno di criminalità comune, in altre aree del pianeta esso è associato ad attività e gruppi di stampo terroristico. È questo il caso della Somalia, anche se negli ultimi anni l’attività di pirateria risulta essere in forte diminuzione, nonostante, a febbraio di quest’anno, un attacco a una nave battente bandiera yemenita al largo del Puntland (un territorio autonomo della Somalia) abbia fatto scattare un ulteriore allarme. I parziali successi ottenuti in Somalia devono essere ascritti all’attività di cooperazione marittima con vari paesi occidentali, ma anche altri dell’emisfero Sud, come il Brasile.
Il Golfo di Aden, in particolare, rappresenta un corridoio marittimo essenziale, visto che il 15% dei traffici di petrolio e il 20% di quelli complessivi a livello planetario passano proprio da lì. Per questo vari soggetti internazionali si stanno impegnando per renderlo di nuovo sicuro. Si è così formato il Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia, supportato da una risoluzione delle Nazioni Unite del dicembre del 2021, volta a combattere le attività legate alla pirateria nelle acque somale. Così, si è costituita la Combined Task Force 151, che ha coinvolto vari paesi, con una presenza molto significativa degli Stati Uniti. Questa operazione è andata ad integrare quella dell’Unione Europea, l’Eunavfor Atlanta, iniziata nel 2008, e basata su un misto di pattugliamento della costa e del mare somali con una più stretta cooperazione fra le parti riguardo all’attività di intelligence.
Le difficoltà, tuttavia, sono adesso legate al rapporto che sembra si sia venuto a instaurare in modo strutturale fra pirateria “classica” e il gruppo terroristico prevalente in Somalia, Al-Shabaab. Dato che la pirateria contemporanea non ha, oggi, il controllo di interi porti come nei secoli passati, si sarebbe stretta un’alleanza fra Al-Shabaab e bande di pirati, in cui il gruppo locale jihadista fornisce sicurezza e basi logistiche, mentre i pirati cedono il 30% dei bottini conquistati ai loro protettori. Al-Shabaab ha controllato per anni una città (e un porto) importante, quali Harardhere, riconquistato soltanto nel 2023 dalle truppe somale. La battaglia, tuttavia, è ben lungi dall’essere vinta, come attesta la forza che, dall’altra parte del Mar Rosso e del Golfo di Aden sta dimostrando il gruppo Houti dello Yemen, legato allo stato iraniano, che controlla gran parte delle isole yemenite.
Neanche il Mediterraneo è esente da attacchi. Certo, essi sono molto più limitati rispetto a quanto avviene in Asia o in Africa, tuttavia la costante di assalti portati in acque di stati fragili, o inesistenti, permane. Dal 2016, le acque libiche non sono così sicure, soprattutto nella provincia di Derna (Cirenaica). Questa zona è stata ufficialmente dichiarata come a rischio appunto nel 2016, mentre gruppi criminali tunisini hanno da qualche tempo iniziato ad attaccare imbarcazioni che stavano portando in Italia uomini di origine africana, rubando loro telefoni cellulari e denaro, e scortandoli poi vicino a Lampedusa.
Nella varietà delle attività legate alla pirateria internazionale, la sicurezza marittima internazionale è ancora ben lungi dall’essere raggiunta, per la felicità dei nipotini di Francis Drake e di Henry Morgan.
Luca Bussotti
(Luca Bussotti è un africanista, docente nelle università di Mozambico, Brasile e Portogallo, ed è visiting professor in atenei italiani come Milano e Macerata)
HANNO SCRITTO:
- qui il link a un approfondimento dell’Ispi, l’autorevole Istituto per gli studi di politica internazionale
- qui il link a un vecchio articolo di Limes, interessante rivista di geopolitica: nel 2011 raccontava così l’evoluzione del fenomeno
- qui il link a un articolo del 2021 del giornale on-line Il Post: spiegava così quel che stava cambiando in alcune zone del globo