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RICERCA

Salviamo dall’estinzione gli animali, ma quelli “brutti” no…

Lo zoologo Cannicci: fuori dai finanziamenti il 94% delle specie a rischio

FIRENZE. No, non l’ha azzeccata Lucio Corsi che dal palco di Sanremo canta (con “Volevo essere un duro”) la rivincita di quelli che non ci stanno a fare gli ultra-fighi e i prepotenti dallo sguardo assassino. Nell’eterno duello fra pupe e secchioni (o anche fra tronisti e scienziate) la spuntano le pupe (e i tronisti). Se avete qualche speranza che la storia possa finire diversamente, conviene che diate un’occhiata all’indagine che una équipe di ricercatori dell’Università di Firenze ha condotto in tandem con i loro colleghi dell’ateneo di Hong Kong. Protagonisti del primo studio internazionale di questo tipo, hanno dimostrato che anche nel regno animale sono i “belli” a catturare le attenzioni.

«I finanziamenti mondiali per la conservazione della biodiversità animale e vegetale sono indirizzati solo ad un piccolo numero di grandi specie»: quelle più “fotogeniche”, in un certo qual senso. Al contrario, «quasi il 94% delle specie a diretto rischio di estinzione non ha ricevuto alcun sostegno». In concreto: l’attenzione nella assegnazione dei finanziamenti privilegia «gli animali più iconici come gli elefanti o le tartarughe marine», invece a farne le spese sono «specie fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi, tra cui anfibi, invertebrati, piante e funghi». Tanto magnifici e suggestivi gli uni quanto minuscoli, “antipatici” e “bruttini” gli altri…

Beninteso, non stiamo parlando di una battuta in un talk show. Lo studio ha un alto rigore scientifico ed è stato pubblicato su “Proceedings of the National Academy of Sciences” (Pnas): ne dà notizia Unifi-magazine, denunciando «una distribuzione squilibrata dei fondi globali, sia pubblici che privati».

Lo zoologo Stefano Cannicci, docente dell’università fiorentina, racconta che il team di ricerca ha passato ai raggi x «14.566 progetti di conservazione che abbracciano un periodo di 25 anni, dal 1992 al 2016»: un quarto di secolo di scelte di studiosi e istituzioni accademiche mettendo a paragone «l’importo dei finanziamenti per specie con il loro status nella “lista rossa” delle specie minacciate stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), istituzione che valuta i livelli di rischio di estinzione e di cui faccio parte».

Il criterio di analisi, per disegnare l’identikit dello sforzo mondiale di conservazione delle specie e degli ambienti, ha spostato la mira. Anziché contare il numero di articoli pubblicati, si è prestata attenzione alla destinazione dei fondi: l’82,9% è stato destinato a vertebrati mentre invece piante e invertebrati non hanno avuto se non il 6,6% ciascuno. Quanto a funghi e alghe, hanno dovuto accontentarsi di neanche lo 0,2% per ciascuna delle specie”.

Non è tutto: i mammiferi di grossa taglia rappresentano «solo un terzo dei mammiferi minacciati» secondo l’Iucn, ma hanno fatto man bassa ottenendo «l’86% dei finanziamenti».

Un anfibio della specie boophis bommersae betampona

Cannicci ricorda che «tra i vertebrati più a rischio di estinzione ci sono gli anfibi (salamandre e rane)» eppure non arrivano al 2% del totale dei fondi. Da tradurre così: «In generale, gli animali che noi consideriamo “brutti” o pericolosi (pipistrelli, serpenti, lucertole, e moltissimi insetti escluse le farfalle) sono scarsissimamente finanziati in termine di conservazione».

Non è una questione secondaria: «Investire i fondi sulla conservazione di poche specie – spiega lo zoologo dell’ateneo fiorentino – non preserva gli ecosistemi che li supportano: che senso ha conservare un animale ma non gli animali o le piante che mangiano?». Cannicci spiega che nella tutela della biodiversità gli autori dello studio propongono che siano «destinate complessivamente più risorse alla conservazione», ma anche che «le organizzazioni governative e non governative lavorino per riallineare, sulla base delle conoscenze scientifiche, le priorità di finanziamento verso le specie a reale rischio di estinzione e attualmente trascurate».

Pubblicato il
24 Marzo 2025
Ultima modifica
25 Marzo 2025 - ora: 03:09

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