La “giornata delle balene”
GENOVA – Domenica scorsa 16 febbraio si è celebrata in tutto il mondo la “giornata delle balene”, per ricordare le varie campagne in corso per la salvaguardia guardia di questi pacifici, grandi abitatori del mare.
Le collisioni tra navi e balene – è stato riferito dai vari rapporti sul tema – rappresentano una delle principali minacce per la sopravvivenza di questi maestosi mammiferi marini, e l’urgenza di affrontare il problema è più evidente che mai. Recenti studi, tra cui una ricerca pubblicata su Science, e il lavoro della World Sustainability Foundation e Friend of the Sea, offrono una visione approfondita del rischio globale e delle possibili soluzioni.
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La mappatura dei pericoli: secondo lo studio pubblicato su Science, il 92% degli habitat dei cetacei si sovrappone alle rotte di navigazione globale. I dati, basati sulla mappatura di oltre 435.000 localizzazioni di balene e i percorsi di quasi 176.000 navi, evidenziano che meno del 7% delle aree a rischio adotta strategie di mitigazione. La velocità delle navi, spesso superiore ai 20 nodi, rappresenta un fattore chiave: scendere sotto i 13 nodi potrebbe ridurre significativamente il rischio di collisioni.
Questi dati si intrecciano con le ricerche della World Sustainability Foundation, che ha analizzato l’impatto delle collisioni nelle Important Marine Mammals Areas (IMMA), con un focus particolare sul Mar Mediterraneo. Qui, specie come la balenottera comune e il capodoglio affrontano rischi elevati, aggravati dall’intensità del traffico marittimo.
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La portata globale del problema: il problema non si limita al Mediterraneo. Lo studio pubblicato su Science ha individuato aree ad alto rischio anche nell’Atlantico settentrionale, dove la balena franca è particolarmente vulnerabile a causa della sua lentezza, e nel Pacifico, dove le rotte di navigazione si intersecano con i percorsi migratori di diverse specie di balene. Le collisioni non solo mettono a rischio la vita dei cetacei, ma possono avere un impatto economico e operativo significativo anche per le compagnie di navigazione, a causa dei danni alle navi e dei potenziali rischi per l’equipaggio.
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Soluzioni a portata di mano: tra le proposte emergono interventi come la riduzione della velocità delle navi, la reindirizzazione delle rotte e l’uso di tecnologie avanzate per rilevare i cetacei, quali telecamere a infrarossi e sistemi di osservazione automatizzati. Friend of the Sea, inoltre, promuove la certificazione “Whale-Safe”, un riconoscimento per gli operatori marittimi che adottano pratiche sostenibili per prevenire le collisioni.
Un aspetto cruciale è la necessità di maggiore consapevolezza pubblica. Un sondaggio condotto dalla World Sustainability Foundation ha rivelato che il 50% del pubblico non conosce la gravità del problema. Paolo Bray, fondatore di Friend of the Sea, sottolinea: “Solo attraverso una comprensione diffusa del problema possiamo sperare di mobilitare le risorse e il supporto necessari per implementare soluzioni efficaci.”