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IL SOPRALLUOGO

Ecco com’è oggi (davvero) la Darsena Europa che verrà

Dodicimila buchi per "strizzare" il terreno e renderlo in gradi di reggere treni e container. Il video

LIVORNO. Il fango inzacchera chiunque: il viceministro Edoardo Rixi avrà stramaledetto l’attimo in cui gli è saltato in mente di venire con le scarpe Oxford al sopralluogo nell’espansione a mare del porto di Livorno. Comunque, le mie Clarks e gli stivaletti di qualche collega se la sono cavata perfino peggio: mezzi affogati nella “mota”. Ma finalmente con (un assaggio di) Darsena Europa dinnanzi agli occhi. Proviamo a scoprirla: a cominciare da questo video: le cose oggi come oggi si presentano così.

 

Il pullmino ha deciso di andare a impantanarsi su un leggero altopiano: davanti ha il mare e accanto, una decina di metri più giù, un vasto pianoro bucherellato con ostinazione geometrica e rigore cartesiano. «Al momento, di “buchi” ne abbiamo fatti 12mila», dice il presidente Luciano Guerrieri al timone dell’istituzione portuale livornese.

MONTAGNE DI TERRA, MILLE COLORI

Sotto un cielo tutto piombo e vento, il giro di sguardo è completato da cumuli di terreno sparsi dappertutto con apparente casualità. Credetemi, è impossibile descriverlo meglio di così. L’unica possibilità di averne un’idea davvero è fingersi gabbiano e guardare tutto dall’alto: la visuale la offre Google Maps o, meglio ancora, in Google Earth; basta cercare “Darsena Europa cantiere obelisco”. Lì accanto si vede l’azzurro del mare e il color cangiante della vasca di colmata che si sta consolidando: un campionario di ocra leggero e grigio pesante, bianco sporco e nero chiaro, marronaccio rancido e ruggine putrido: segmentati dalla curiosa viabilità interna…

Da quel ritaglio di mare da trasformare in gru, banchine e piazzali dipende una bella fettona del futuro del porto di Livorno: eppure, al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, perfino una buona metà dei livornesi avrebbe difficoltà a indicarne con precisione la collocazione. Eccola qui, la Darsena Europa che verrà: a ovest della Darsena Toscana e a sud della foce dello Scolmatore. Chi non ci si raccapezza si immagini sul ponte del Calambrone tornando da Tirrenia verso Livorno: un’occhiata alle gru davanti, a sinistra qualche nave ormeggiata in Darsena Toscana nel porto che c’è già, a destra qualche camion e schiacciasassi che movimentano la terra del porto che ci sarà. Il mare e la terraferma sono separati da un grande argine: in realtà, la terra non è che sia proprio ferma ferma: il problema adesso è il consolidamento (qui il link a una riflessione pubblicata sulla Gazzetta Marittima nell’autunno scorso e qui il link al pezzo sull’idea del viceministro Rixi di aprire la maxi-Darsena un po’ per volta).

L’infinita serie di “buchi” in cui vengono collocati i “dreni” per permettere di drenare l’acqua e consolidare i piazzali

Un’altra zona della vasca di colmata

E’ lo spicchio di porto in cui sono stati ritagliate aree di mare e dentro vi sono stati sversati milioni di metri cubi di sedimenti escavati dai fondali marini per renderli più profondi, e altri milioni saranno sversati. Parecchi di più di quanto previsto inizialmente: niente sabbie, anche se compatibili, portate una dozzina di chilometri più a nord, a protezione di Marina di Pisa. È quel che ha costretto a risagomare i piazzali.

DAL FANGO AL PIAZZALE

Ma qui il materiale escavato è arrivato come sabbie, melma e fanghiglia. E un piazzale container non può essere fatto di “mota”, bisogna che diventi terreno e si indurisca per reggere il peso di tutte queste tonnellate, compresi binari e treni. Non è più una pappetta: tant’è vero che van, suv e auto hanno attraversato questa zona in lungo e in largo, i camion lo fanno negli altri giorni. Parecchio c’è ancora da fare, e comunque si è scartata l’ipotesi iniziale di appoggiare i piazzali come fossero palafitte con tanti pali lunghi anche 50-70 metri nel sottosuolo (è quel che accade ai piloni su cui poggiano nella piana di Guasticce la superstrada e l’autostrada).

Meglio caricare sul suolo dei nuovi piazzali il peso di una “montagna” di terra, «cumuli che complessivamente valgono 320mila metri cubi di materiali», spiegano gli ingegneri Miriam Corsinovi e Paolo Turrini, l’una di Fincantieri Infrastructure e l’altro di Sales, due delle imprese del pool di ditte applatatrici insieme a Fincosit e Sidra.

In un reticolo di zone piene e zone vuote – spiega l’ingegner Pribaz, che segue i lavori per l’Authority – queste “montagne” di terra vengono spostate di cinque mesi in cinque mesi. La pressione dall’alto “strizza” il terreno e fa uscire l’acqua. Però, appunto, bisogna farla uscire. Ecco cos’è questa infinità di bucherelli: “dreni” in tessuto che consentono all’acqua di essere drenata via e permettono al suolo di assestarsi al livello in cui dovrebbero arrivare quando sarà realizzato il terminal.

Sopralluogo alla vasca di colmata: sulla sinistra il parlamentare leghista Manfredi Potenti

I tecnici davanti alla mappa della vasca di colmata

Durante il sopralluogo i veicoli percorrono più di un chilometro del terrapieno che racchiude uno spazio di 130 ettari: all’interno di esso – segnala l’ingegner Pribaz – saranno realizzati gli imbasamenti e i bacini interni più una terza vasca di contenimento accoglierà altri due milioni di metri cubi di sedimenti. Il nuovo porto non avrà problemi di insabbiamento, quello attuale sì: ed è difficile trovare siti per conferire i detriti.

I COSTI VOLANO

Anche Livorno deve fare i conti con lo choc post-Covid dell’impennata dei costi degli appalti fra boom dei prezzi di alcune materie prime e, almeno per una fase, l’effetto dell’inflazione record. Il presidente Guerrieri ricorda che 350 milioni era lo standard iniziale, poi è stato necessario correggere il progetto per via della necessità di ampliare la capacità di accogliere sedimenti di dragaggio (e a ciò si aggiunga l’impegno nel consolidamento). Risultato: l’importo è arrivato a mezzo milione di euro, anzi l’ha sfondato perché ora si stima di attestarsi attorno a quota 530. Il peggiore degli scenari della revisione prezzi, fra inflazione e costi di materie prime, raggiunge i 650 milioni. Ma le regole vigenti consentono di “vedere” fino a fine anno: il resto è un rebus.

Lo sguardo gira attorno fino ad abbracciare le sagome di gru e container di Darsena Toscana così come i serbatoi di Darsena Petroli. La prima pre-carica è stata collocata da tecnici, operai e bulldozer sui primi 80mila metri quadri della prima cassa di contenimento, fanno sapere da Palazzo Rosciano: Guerrieri indica nel prossimo ottobre la data in cui sarà pronto il consolidamento di questa prima parte. Per quello complessivo ci vorranno una trentina di mesi. Termine dei lavori quando? «Indicativamente, l’estate del 2027», dice l’Authority. Nel frattempo si sta lavorando al progetto esecutivo: «salvo contrattempi», dovrebbe arrivare a «metà marzo», parola dei tecnici dell’istituzione portuale livornese.

Sopralluogo alla vasca di colmata: qui nascerà la nuova Darsena Europa

Tecnici, politici e amministratori nell’area dove viene realizzata la nuoiva infrastruttura portuale

Una delle zone di consolidamento della vasca di colmata: qui sono stati sversati i fanghi degli escavi

NUOVO ACCESSO DOPO 150 ANNI

A quel punto, una volta approvato il progetto esecutivo, sarà poi possibile effettuare la consegna dei lavori per far decollare la realizzazione delle opere marittime e di difesa e dei dragaggi. «Intanto, – dice Guerrieri – abbiamo fatto un mutuo con la Cassa Depositi Prestiti da 50 milioni e uno da 90 con la Bei (Banca europea investimenti). In  ballo ci sono anche le nuove dighe di protezione che, a distanza di un secolo e mezzo dalla realizzazione del Molo Novo e del resto, cambieranno l’ingresso al cuore del porto e lo sposteranno un po’ più verso il largo.

Resterà l’accesso da sud, com’è attualmente quello in zona Diga della Vegliaia, ma si avrà anche una entrata nord: adesso esiste solo sulla carta perché i fondali sono talmente bassi che consentono il passaggio solo a imbarcazioni con pescaggio minimo, appena più delle barchette della domenica. Dunque, occorrerà una rilevante opera di dragaggio dei fondali: fino a meno 17 nel canale di accesso e meno 16 nel bacino di evoluzione. I fanghi saranno sversati nelle vasche di colmata (qui il link a un articolo della Gazzetta Marittima in cui si spiega in dettaglio l’odissea dei fondali).

Quanto tempo ci vorrà? «I lavori per la realizzazione delle dighe richiederanno circa tre anni e un anno e mezzo servirà per realizzare i dragaggi».

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
18 Febbraio 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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