L’accoglienza, alle radici di Livorno

Nella foto: Ursula Galli con il sindaco Luca Salvetti alla presentazione del libro in Fortezza.
LIVORNO – La location è stata quanto mai adeguata, la cala Canaviglia nei sotterranei della Fortezza Vecchia medicea: una specie di caverna di Platone, che volessimo fare parallelismi culturali, ma in questo caso aperta, vivace, positiva. Così, con un pubblico appassionato – e anche numeroso, malgrado i tanti altri richiami delle festività – è stato presentato dal sindaco Luca Salvetti e dallo staff comunale il libro che racconta, con un breve richiamo alla nascita della città con le leggi livornesi (chiunque vi si insediasse tornava ad avere la…fedina penale pulita!) anche le ultime esperienze dell’accoglienza: ovvero l’arrivo delle navi delle ONG dirottate su Livorno per sbarcare i migranti. Una piccola rappresentanza di giovani africani, arrivati con le navi della speranza, era presente in sala ed ha anche salutato e ringraziato.
Il libro si snoda con una bella sequenza fotografica, con le immagini degli esuli spesso degnati nelle fatiche e anche dai disumani trattamenti ricevuti in Nord Africa prima dell’imbarco, e con testimonianze raccontate sia sull’immediato che dopo un congruo periodo di adattamento. Curato e – potremmo dire – coccolato dall’addetta stampa del Comune Maria Ursula Galli, il volume è stato distribuito in copie numerate sia ai partecipanti all’incontro, sia agli stessi migranti rintracciati. Importante nella riunione anche il messaggio del prefetto Giancarlo Dionisi che, da Roma dove era per impegni istituzionali, ha voluto essere presente in spirito con parole significative sia sulle operazioni svolte a Livorno per accogliere i migranti, sia sulla vocazione livornese ad aprire le braccia a chiunque, nei secoli, vi ha cercato pace e sicurezza. Un intervento, quello del prefetto, che finalmente ci riporta la figura del rappresentante dello Stato e del governo centrale ad una presenza costare e a una reale dignità del proprio ruolo, ben oltre la funzione burocratica e troppo spesso solo formale altre volte sperimentata.