Fuel navali, tutto è in trasformazione

LONDRA – Con oltre il 90% del commercio mondiale che si muove via mare – riferisce in un suo rapporto Italian Seafarer – la decarbonizzazione è un obiettivo imprescindibile. Il settore marittimo, responsabile del 3% delle emissioni globali di CO2, è al centro di una vera e propria rivoluzione verde. Secondo un recente testo dell’International Chamber of Shipping (ICS), raggiungere le emissioni zero entro il 2050 richiederà investimenti globali pari a 1.500 miliardi di dollari.

Carburanti come ammoniaca, metanolo e idrogeno rappresentano soluzioni promettenti, ma pongono sfide significative. La loro implementazione richiede non solo innovazioni tecnologiche ma anche una formazione adeguata per garantire la sicurezza e l’efficienza operativa.

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La decarbonizzazione è anche un’opportunità per sviluppare nuove professionalità. Entro il 2030, secondo l’ICS, oltre 450.000 marittimi dovranno essere formati per gestire carburanti alternativi e tecnologie sostenibili.

Gli ITS marittimi italiani sono in prima linea nell’introdurre corsi dedicati ai nuovi carburanti e alle pratiche sostenibili. I nuovi programmi includono la gestione delle operazioni con carburanti alternativi, protocolli di sicurezza avanzati e l’uso di simulatori di ultima generazione. 

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L’Italia sta compiendo progressi significativi nella decarbonizzazione del settore marittimo, con un crescente impegno nell’adozione di carburanti alternativi. Attualmente, il 6,5%della flotta complessiva del nostro paese è in grado di utilizzare propellenti meno inquinanti, una percentuale destinata a raggiungere il 25% entro il 2030. Inoltre, il 50,3% degli ordini di nuove navi nel 2024 ha riguardato unità alimentate con combustibili alternativi, rispetto al 10,7% del 2017.

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Uno studio dell’ESPO (European Sea Port Organisation) ha mostrato come la sostenibilità nel prossimo decennio diventerà un asset dal valore competitivo per i porti europei: sono stati censiti progetti in tutto il panorama degli scali europei 80 miliardi di euro di investimenti nelle infrastrutture. Rilevante è anche l’aumento della quota di investimenti legati alla transizione energetica ed alla transizione dei porti e del trasporto marittimo verso la sostenibilità, aumentata fino a quasi il 25%. Per quanto riguarda gli investimenti per l’energia pulita, oltre il 70% dei porti prevede di investire nella fornitura di elettricità alle navi.

È il tema del cold ironing, sul quale è aperto un dibattito – a volte feroce sia nel sostenerlo che nel criticarlo – in attesa che specie in Italia si chiariscano le normative tecniche per realizzare sui porti i necessari interventi (N.d.R).

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