Quando i marinai pregavano e cantavano

Nella foto: Una fanfara della Marina a Livorno.
Dal lettore Gavino Orrù di Olbia ci arriva un’accorata mail che si rifà al nostro recente resoconto della cerimonia a bordo della nuova portaerei “Trieste” a Livorno. Ne riportiamo, per problemi di spazio, la parte più significativa.
Egregio direttore, ho letto sul vostro giornale, nella cronaca del Giuramento dell’Accademia Navale a bordo del Trieste, un brano da lei citato della Preghiera del marinaio. Da vecchio sottufficiale, quei versi mi hanno commosso, ricordando di quando la recitavamo tutti a poppa della nostra nave…
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Caro Orrù, forse solo noi anziani possiamo ancora commuoverci di certi ricordi, ormai seppelliti dal tempo, da altri valori e da Internet. La preghiera del marinaio è più antica di lei e di me: la scrisse il poeta Antonio Fogazzaro all’inizio del 1900 e si rifaceva ai valori del tempo, specie nei versi dove si parlava di gloria della Patria, invocando il Signore a “porre sul nemico il terrore di lei” (il terrore della nostra bandiera).
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Però non tutti i canti della nostra Marina Militare sono guerreschi. Forse ricorderà anche l’allegra canzoncina della Ritirata, che i marinai cantavano all’unisono quando suonava in città – in particolare nelle città dove erano di stanza le navi delle squadre navali – la fanfara per far rientrare gli equipaggi, la sera alle 21 al termine della libera uscita dei “franchi”.
Gliela ricordo a memoria. “Stanotte o marinar/ si dorme nel quartier/ la bella nave italica/ nel porto affonda l’ancora/ la vita di città/ è un mare di piacer/ ma già le nove suonano/ in marcia nel quartier…”.
E da tutte le strade i marinai affluivano dietro la banda musicale che li riportava a bordo. Niente di guerresco, tanta gioventù allegra, specie in quelle parole (sul “mare di piacer” della libera uscita in città.) Bah…
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