Todaro e la civiltà latina

Nella foto: La nipote Jasmin con il busto.
LIVORNO – C’è qualcosa di più degli squilli di tromba e dello sventolar dei labari nell’inaugurazione in Accademia Navale del busto in bronzo di Salvatore Todaro. Perché la memoria di uno dei più famosi sommergibilisti della nostra allora Regia Marina, ha richiamato e richiama – cosa poco frequente negli uomini di guerra – la memoria dei secoli della nostra civiltà latina.
La breve cerimonia del busto, donato dalla famiglia Todaro all’Accademia, è stata onorata dalla presenza della figlia del comandante Graziella Marina e dalla nipote Jasmin, dal capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio di squadra Enrico Credendino, dal comandante dell’Accademia contrammiraglio Lorenzo Di Renzo e dal capitano di vascello Vito Lacerenza, in rappresentanza dei sommergibilisti italiani e primo comandante del sottomarino U212A , capostipite nel 2005 della nuova serie di battelli costruiti da Fincantieri e intitolato a Todaro.
Perché ho scritto del richiamo alla civiltà latina? Perché la più nota ed acclamata azione bellica del siciliano Salvatore Todaro, il rocambolesco salvataggio dei superstiti della nave belga Kabalo affondata in Atlantico dopo un duello a cannonate, ebbe poi un lungo seguito, non senza polemiche. Fu il comandante dei sommergibili tedeschi, il celebre ammiraglio Karl Doenitz a rimproverare Todaro per il gesto da “don Chisciotte del mare”, dicendoli anche che un sommergibilista tedesco non avrebbe mai messo così a rischio la propria nave. E Todaro risposte: “Ma io sono un italiano ed ho alle spalle secoli di civiltà”. Al che, ammirato, Doenitz pare gli avesse ribattuto: “Devo rimproverarla ma l’ammiro: vorrei anch’io poter dare ordini come ha fatto lei, ma siamo in guerra”.
Pochi sanno che Salvatore Todaro comandava con spirito intrepido il sommergibile Cappellini, uno dei più grandi tra gli oceanici italiani, ma aveva la spina dorsale sofferente da anni per un incidente aereo durante un’esercitazione. Era infatti ufficiale osservatore su un bombardiere che nel corso di una prova di lancio di siluro a pelo d’acqua fu abbattuto dal suo stesso siluro: nel sinistro ebbe la colonna vertebrale lesionata, tanto che anche a bordo del sommergibile doveva indossare sempre uno speciale busto. Ciò nonostante si era guadagnato in combattimento una medaglia d’oro e due medaglie d’argento al valor militare.
Come ha raccontato durante la cerimonia sua figlia Graziella Marina, Salvatore morì il 14 dicembre 1942 quando, passato dai sommergibili ai mezzi d’assalto della X Mas, era a bordo del peschereccio (camuffato) Cefalo all’ormeggi presso l’isolotto della Galite,nel nord Tunisia, per studiare attacchi ai convogli inglesi diretti a Malta. Stava dormendo sottocoperta quando un caccia inglese Spitfire scoprì il battello e lo mitragliò a raffica in un volo radente: una scheggia colpì alla testa il nostro ufficiale, ucciso nel sonno. La salma fu prima seppellita a La Galite, poi trasferita al cimitero a Livorno dove viveva e vive la sua famiglia. Il busto in bronzo scoperto venerdì scorso in Accademia Navale è opera dello scultore Tommaso Milazzo e rappresenta l’eroe con le sue decorazioni. (A.F.)