Chi ora ride nella UE dall’alba del giorno dopo
LIVORNO – Potremmo anche sorriderci, come l’ironica nuvola della straordinaria foto: ma l’impressione è che solo pochi giorni dopo le grandi consultazioni elettorali dell’Unione Europea, a Bruxelles – ma anche a Roma, a Berlino, a Parigi, a Varsavia eccetera – si stiano ancora facendo i conti e i contro-conti. Della serie: nessuno perde mai, al massimo…perdicchia. A bocce finalmente ferme e controllate, vedremo. I più saggi proveranno ad adottare il celebre aforisma di Nelson Mandela: “Io non perdo mai: se non vinco, imparo”.
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Di certo possiamo dire che mai una campagna elettorale era scesa così in basso nell’uso degli epiteti, delle parolacce, insomma delle volgarità. Sono state sdoganate sui giornali e alla TV di Stato parole che fino a ieri appartenevano solo al linguaggio da trivio.
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Ora si può scrivere impunemente contro un avversario politico che è uno stronzo(a), un frocio, un peto(a), un bastardo, un rutto, una pesciaiola(o)… vi risparmiamo il resto. Sia chiaro: sono termini triviali, un tempo comuni nelle risse d’osteria tra briachi. Eppure li hanno sdoganati alte cariche delle istituzioni, della cultura, della Chiesa. Dobbiamo considerarli liberatori, in una realtà dove le TV non solo di Stato hanno oggi paura a far vedere le cosce delle ballerine e delle soubrettes, per non essere tacciate di mercificazione della donna, di maschilismo retrivo, di satiriasi?
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Forse dovremo rivedere i nostri canoni rispetto all’etica, alla buona educazione, al reciproco rispetto: e del resto l’ormai onnipresente Internet scarica sui telefonini, a richiesta anche dei ragazzini, tonnellate di immagini e di filmati che definire solo hard è riduttivo, dove parlare (e non solo parlare) di culi rotti é acqua fresca. Forse dovremo accettare che si possa anche noi, poveri artigiani della penna, liberamente scrivere da oggi: “Alzò la gamba e il cul fece trombetta” (Dante Alighieri, XXI, Inferno). Impariamo: e ne terremo conto semmai per le prossime elezioni. Amen.
(A.F.)
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