L’aereo al top dell’inquinamento
MILANO – Nella caccia globale a chi inquinerebbe di più, spesso confusa con il più becero degli ambientalismi Nimby, gli istituti internazionali più seri hanno confermato di recente che il trasporto aereo è la modalità di maggior intensità di emissione di CO/2 nel rapporto passeggero/km. Confrontato con il trasporto marittimo, quello aereo inquina da tre a quattro volte di più: e lo stesso vale nei confronti del trasporto ferroviario, ammesso che si possa confrontare la traversata atlantica aerea con quella di un treno.
Ma il trasporto aereo, considerando solo l’influenza sul Pil italiano, vale circa il 4% del prodotto lordo, impiega oltre un milione nei addetti, di cui 165 mila diretti, ed è la spina dorsale dell’export di lusso sulle lunga distanze, verso cioè i mercati che assorbono di più la nostra moda e i nostri prodotti tecnologici più sofisticati.
Uno studio dei giorni scorsi presentato dalla Cassa Depositi & Prestiti ha rilevato che utilizzando per gli aerei i nuovi carburanti sostenibili (definiti SAF) si arriverebbe a ridurre di due terzi l’onere dell’inquinamento, con l’80% in meno della CO/2.
Facile? Il problema, rilevato dalla stessa indagine, è che i carburanti SAF costano da due a sei volte di più di quelli attualmente utilizzati per cui le tariffe diventerebbero insostenibili. La soluzione più raccomandata è invece quella di abbandonare, almeno progressivamente, gli aerei delle passate generazioni e immettere al loro posto i vettori con le nuove motorizzazioni jet, che consentono un risparmio di carburante del 28/30%. Ad oggi solo il 25% delle flotte è composto da questi ultimi vettori: c’è dunque spazio per migliorare molto, anche se gli investimenti richiesti alle compagnie aeree sono notevoli: tuttavia sempre meno della necessità di creare tutto un sistema di stoccaggio, rifornimento, gestione e controllo dei cosiddetti carburanti “green”.