Gli equilibrismi sul filo… della seta
LIVORNO – Pare che le pressioni degli Usa anche sull’Italia, unica firmataria a suo tempo dell’accordo per la “Via della Seta” lanciata dalla Cina, stiano producendo qualche tentativo di equilibrismo per fare marcia indietro senza spezzare però il grande business dell’import ed export tra le due economie.
I contorsionismi lessicali non sono certo una novità nella politica internazionale. Ma non si può dimenticare che l’asse della produzione mondiale di beni – non più solo di bassa qualità e bassissimo costo – si è ormai definitivamente spostato in Asia, Cina, India, Vietnam, Indonesia eccetera sono davvero diventate le fabbriche di beni materiali più dinamiche, malgrado i tentativi (non si sa quanto riusciranno) degli Usa di riportare a casa le loro fabbriche-cacciavite d’Oriente.
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L’Europa sta facendo, nello scontro più o meno sottotono tra Usa e Cina, la parte del vaso di coccio tra quelli di ferro.
Dicono che i fili di seta siano resistentissimi. Ma a quello che si capisce, le imprese italiane non intendono tirarli fino a romperli.
È sempre così: Pecunia non olet.
(A.F.)
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