Le lavoratrici del mare
Il tema è attualissimo, affrontato anche in chiave ufficiale da convegni e iniziative di Vista. Questo studio, di cui riportiamo un importante abstract, lo analizza sia sul piano legislativo che di costume. Può aiutarci a riflettere.
Tommaso Nassini è studente iscritto alla facoltà di Scienze Politiche Relazioni Internazionali dell’Università di Padova, ha svolto anche esperienze di lavoro per mantenersi agli studi ed è diplomato in lingue.

Tommaso Nassini
I trasporti marittimi rappresentano da centinaia di anni un settore incredibilmente importante della logistica. Attualmente gran parte delle merci che vengono consumate a livello globale passano attraverso il mare, che sembra essere “un’infrastruttura” prediletta in quanto non necessita manutenzione e risulta percorribile da tutti. Le navi si ritagliano il ruolo di “protagonista” dei trasporti in quanto, secondo dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), circa il 60% del valore economico degli scambi globali avviene via mare. A giocare un ruolo di fondamentale importanza in questo settore sono naturalmente tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori marittimi che, spesso, si trovano a dover affrontare situazioni igienico-sanitarie scarse, e si trovano a dover vivere continuamente in un ambiente fortemente limitante anche nell’ottica del funzionamento gerarchico, all’interno del quale, ad essere svantaggiate in modo particolarmente marcato, sono le donne. Esse rappresentano una piccolissima parte del personale marittimo, si stima che sia imbarcato solo l’1.2%, su 87 mila navi.
Cenni storici
Risulta ora interessante analizzare i motivi storici che hanno portato all’estromissione delle donne dall’ambiente marino.
Innanzitutto la classica idea del marinaio assume i connotati di una figura maschile che lascia la sua terra per imbarcarsi in lunghi viaggi che lo terranno per mesi distante dalla famiglia. Le caratteristiche di questo tipo viaggio sembrano essere uno dei motivi dell’esclusione delle donne da questo ambiente, in passato si è sempre creduto che una donna non potesse in alcun modo sopportare tale fatica sia a livello fisico che a livello mentale, in quanto, si sosteneva, che la mancanza da casa avrebbe potuto avere effetti negativi sulla psiche di una donna. Inoltre, soprattutto durante i primi secoli di navigazione, le donne venivano considerate come segno di sfortuna in quanto la loro presenza sulla nave avrebbe potuto scatenare l’ira degli dei, ma, secondo alcune tradizioni, imbarcare una donna nuda o incinta poteva rappresentare buon auspicio.
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È interessante inoltre, analizzare uno dei motivi per cui spesso le compagnie di navigazione tendono ad escludere attualmente le donne da questo genere di lavoro.
Momoko Kitada dell’università svedese “World Maritime University”, riporta alcuni studi fatti dal Maritime Education and Trainings (MET) che rilevano che spesso ad entrare in gioco, sia il fattore “corporale” e che ad esempio le compagnie di navigazione pensino che la presenza di una donna nei luoghi di lavoro a predominanza maschile possa essere considerata un’interruzione o un disturbo al loro lavoro a causa del “corpo” stesso della donna e che, a causa di ciò, si possano creare disordini e malumori all’interno dell’imbarcazione.
In ogni caso, nonostante tutti questi preconcetti, alcune donne nel passato sono salite a bordo di una nave, sebbene la loro presenza sia stata sistematicamente eliminata dai libri di storia: mogli di uomini ricchi, prostitute, infermiere, ecc… hanno spesso preso parte ad alcuni viaggi via mare.
Invece per quanto riguarda l’aspetto lavorativo, non si hanno informazioni di donne lavoratrici a bordo di una nave prima del XX secolo.
Nonostante tutto questo si riferisca a tempi passati, tutt’oggi si verificano situazioni di marginalizzazione e denigrazione nei confronti delle lavoratrici marittime, dovute proprio ad alcune superstizioni marinaresche che sono rimaste, seppur in misura minore, nella mente dei marinai.
Analizziamo in seguito la situazione che le donne a bordo delle navi si trovano a dover affrontare, e poi alcuni importanti strumenti volti ad eliminare queste disuguaglianze.
La condizione delle donne marittime
La condizione lavorativa delle donne in questo settore, si mostra come particolarmente difficile, in effetti queste si trovano a dover affrontare situazioni di quasi totale esclusione o si trovano impossibilitate ad accedere ad alcuni ruoli come ad esempio quello di capitano. Il problema è stato sollevato in modo particolare in Germania dove è stata organizzata la cosiddetta Parata delle Donne del Mare (See Frauen Parade), nella quale è stato denunciato che il 99% dei capitani sono uomini e che la discriminazione di genere e l’assenza dei diritti delle donne di questo settore è molto marcata. Una delle organizzatrici afferma: “Oggi le donne sono escluse dalla marineria, il mare è dominato dagli uomini, le donne per secoli venivano ammesse a bordo come merce, come schiave da vendere, o come condannate che venivano deportate in Australia o Nuova Zelanda. Ad Amburgo ci sono appena due donne che hanno ottenuto la patente di capitano”.
Una delle ragioni principali per cui le donne vengono escluse da questo settore, è, purtroppo, l’aspetto biologico. Diversi aspetti della vita marinaresca portano le grandi aziende a non assumere donne, alcuni di essi possono essere: la pesantezza del lavoro e per esempio la possibilità di rimanere incinta.
Indubbiamente, le lavoratrici di questo settore, si trovano a dover affrontare in modo particolarmente marcato una condizione di ansia, spesso causata da alcune situazioni sociali. Le donne che lavorano sulle navi sono più facilmente soggette ad abusi sessuali, circa il 17% ha affermato di aver subìto molestie da parte di colleghi e si stima che, dal 2018 al 2019, i reati sessuali avvenuti a bordo di navi da crociera siano aumentati del 67%. Tutto questo può naturalmente generare in una lavoratrice del mare una situazione di angoscia e ansia, senza considerare il fatto che spesso vengono mal percepite e di conseguenza discriminate a causa della tradizione.
Un altro problema al quale spesso le donne vanno incontro lavorando in una nave, è la struttura architettonica della nave stessa.
In effetti le navi, soprattutto quelle mercantili non prevedono nessuna distinzione tra i servizi per l’equipaggio, distinzione che risulta invece prevista dalla Convenzione del lavoro marittimo in seguito analizzata, e ciò non è da interpretare come una maggior apertura verso l’eliminazione del divario di genere, ma come una scarsa attenzione a quelle che potrebbero essere le problematiche generate da questa situazione, esponendo ad esempio (come descritto in precedenza) le lavoratrici marittime ad una possibilità di abusi ampiamente maggiore.
Le iniziative
Per far fronte alla situazione di marginalizzazione che molte lavoratrici di questo settore vivono, sono stati redatti una serie di strumenti il cui obiettivo è quello di abbattere stereotipi e discriminazioni di genere.
Analizziamo dettagliatamente i più importanti strumenti regolatori di questo settore.
Il primo documento preso in analisi è forse il più importante testo relativo al lavoro marittimo: La Convenzione del lavoro marittimo.
Questa convenzione nasce dall’International Labour Organization (ILO), una delle organizzazioni i cui strumenti sono tra i più ratificati al mondo.
Analizzando nello specifico il contenuto di questo strumento, troviamo come base fondante la dignità, e nello specifico, che ogni Stato Membro che ratifica il documento, deve garantire a tutte le lavoratrici e i lavoratori marittimi un impiego dignitoso.
Inoltre questa Convenzione sancisce importanti standard e tutele per lavoratrici e lavoratori marittimi.
Innanzitutto è interessante prendere in considerazione il titolo 2 della Convenzione relativo allo sviluppo delle carriere, che afferma che ogni Stato Membro debba adottare delle politiche nazionali adeguate che favoriscano lo sviluppo delle carriere.
Questo standard non prevede distinzione di genere, e dunque l’accesso alle donne a posizioni più elevate non dovrebbe essere in alcun modo precluso.
Un altro punto di fondamentale importanza sancisce il diritto ad una remunerazione uguale per chi svolge un lavoro di pari valore a bordo della stessa nave, escludendo la possibilità di discriminare i lavoratori basandosi su più elementi tra cui il sesso.
Il divario retributivo è tutt’ora oggetto di accese discussioni, in effetti, al fine di appianare definitivamente quest’ingiustizia, l’Unione Europea ha ufficializzato una direttiva pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 7 maggio 2023 “volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione”.
Un ultimo importante punto da prendere in analisi rispetto a questa importante Convenzione, tenta di risolvere il problema strutturale delle navi.
All’interno di esso viene sancito il dovere di istituire degli alloggi separati e messi a disposizione per lavoratrici e lavoratori e inoltre risulta obbligatorio installare locali igienici che rispettino le norme minime di tutela della salute e soprattutto che siano separati per donne e uomini.
Un secondo strumento da tenere in considerazione è la Dichiarazione di Busan, perpetrata dall’Organizzazione Marittima Internazionale (in seguito IMO).
Questo strumento si concentra in modo particolare sulla situazione delle lavoratrici di mare, sull’informazione e la promozione dell’importante ruolo che esse ricoprono all’interno del settore dei trasporti marittimi.
In effetti, questa dichiarazione punta a far sì che gli stati membri dell’IMO lavorino per aumentare la consapevolezza del ruolo delle donne come preziosa risorsa per l’industria marittima e dei trasporti.
Si afferma in sostanza l’importanza che le donne svolgono all’interno di questo settore, considerando che spesso la loro rilevanza passa del tutto inosservata a causa della natura del lavoro stesso, dunque in relazione ad una forte mobilità, relazionata ad una scarsità nelle relazioni col pubblico.
Inoltre, all’interno della dichiarazione, i vari paesi sono sollecitati ad adottare e promuovere politiche e regolamenti che possano permettere alle donne un accesso all’istruzione marittima e un accesso a tutti i gradi lavorativi senza discriminazione.
Ulteriori iniziative sono state adottate dall’IMO stessa, anche in relazione al quinto obiettivo dell’agenda 2030 relativo alla parità di genere.
L’organizzazione parte dal presupposto che una maggiore presenza di donne in tutti i settori comporti uno sviluppo del settore in cui operano, affermando che l’uguaglianza per le donne porti ad un progresso per tutti.
Inoltre l’istituto specializzato lavora per sostenere tutti i suoi 172 membri nella realizzazione del quinto obiettivo dell’agenda 2030, obiettivo che viene perseguito già a partire dal 1988, anno in cui l’organizzazione ha contribuito alla creazione di un quadro istituzionale che potesse incorporare preoccupazioni relative alla dimensione del genere, facilitando per esempio l’accesso alla formazione marittima per le studentesse e agevolando la partecipazione delle donne nel settore marittimo.
Conclusioni
L’importanza delle donne nel settore dei trasporti marittimi risulta di fondamentale rilievo per permettere uno sviluppo esteso e di qualità.
Come è stato visto nei paragrafi superiori, le donne marittime si trovano spesso a dover affrontare situazioni di marginalizzazione o totale esclusione generate dall’ignoranza delle antiche tradizioni marinaresche.
L’ambiente delle navi, l’ignoranza e la pregiudizievole discriminazione possono portare serie conseguenze alle, già poche, lavoratrici del mare.
Gli aspetti di maggior rilievo nell’eliminazione delle discriminazioni e delle esclusioni di genere sono rintracciabili negli importanti documenti previamente analizzati, che cercano di creare una situazione favorevole non solo in relazione al benessere mentale delle lavoratrici del settore ma anche alla possibilità di permettere un maggiore sviluppo delle carriere. Nonostante tutte le iniziative, le associazioni e le attenzioni poste in essere da organismi internazionali, le lavoratrici marittime devono tuttora subire una difficile situazione di marginalizzazione, di ingiustizie e di difficoltà nell’accesso a posizioni più elevate e di vita lavorativa a bordo di una nave, permettendoci di capire che gli sforzi e le lotte effettuati fino ad ora sono un ottimo passo ma purtroppo ancora non sufficiente.
Risulta quindi necessario sensibilizzare e diffondere quella che è la situazione delle lavoratrici di mare, utilizzando ad esempio i canali social per raggiungere un numero sempre crescente di persone e permettendo di dare il via ad un’azione collettiva.
A doversi attivare dovrebbe essere, in modo decisamente più corposo, anche il potere politico a tutti i livelli: regionale, nazionale ed internazionale implementando una serie di politiche che possano efficacemente colmare il divario di genere all’interno del settore marittimo, ad esempio regolamentando l’equipaggio fissando una percentuale minima di personale femminile a bordo della nave o ad esempio come scritto all’interno della Convenzione Internazionale sul lavoro marittimo, regolamentando in modo più efficace la costruzione delle navi, con l’obiettivo di essere più sensibili alla parità di genere sin dal cantiere.
Tommaso Nassini
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