Logistica e la strada africana
LIVORNO – Forse è solo una sensazione, ma nel mondo della logistica che cambia, alcuni cambiamenti non vanno letti solo con la forte preoccupazione che circola.
Della serie: il bicchiere può anche essere visto mezzo pieno invece che mezzo vuoto.
Entriamo in un tema delicato, ma non siamo solo noi a farlo, dal nostro porto che arranca in attesa della futura riorganizzazione.
Un po’ ovunque ci si interroga sui giganti dello shipping che diventano sempre più anche terminalisti, vettori terrestri ed aerei, hub di finanza, rimorchiatoristi portuali eccetera.
L’elemento di fondo, ormai confermato a livello mondiale, è che la catena logistica diventa tanto più robusta quanto sono forti e collegati i singoli anelli.
Imprese una volta famigliari come MSC, Savino Del Bene, Grimaldi e pochi altri lo dimostrano.
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Vuol dire che tutto quanto non è mondiale è destinato a cedere spazio e risorse? Tutt’altro. Dalle recenti interviste su queste pagine, dagli incontri con le associazioni imprenditoriali, dalle stesse indicazioni dei grandi player, emerge una linea d’azione chiara.
La penisola italiana è il ponte ideale proiettato verso quello che presto diventerà il mercato di maggiore sviluppo, l’Africa.
Bisogna però che i porti trovino modo di non coltivare il principio di “ciascuno per sé” e che ci sia una vera pianificazione almeno nazionale se non europea.
Diagnosi e insieme terapia banale? Certo. Ma se non si parte da norme chiare, sintetiche e non interpretabili (👤 Rodolfo Giampieri dixit) i porti continueranno a vedere la magistratura che blocca per anni presidenti e funzionari.
E pochi avranno coraggio di aprire strade nuove com’è necessario.
A.F.
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