Il “sistema dei sistemi” al vaglio

Rodolfo Giampieri
ROMA –
Che succederà adesso al “sistema dei sistemi portuali” italiano?
Passata la quasi-tregua delle festività, i porti stanno cercando, ciascuno per il proprio pollaio, di assicurarsi i finanziamenti del PNRR per progetti tutti interessanti, tutti utili, ma quasi mai facenti parte di una pianificazione nazionale, quella appunto dei “sistema dei sistemi”.
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Ci sono le primedonne dei porti, poi ci sono le seconde file, poi gli ultimi della classe.
Ma l’impressione è che più della pianificazione in rapporto a come sta cambiando il mondo della logistica marittima e portuale, comandino i santi in paradiso, ovvero chi ha più forza politica.
È male, è bene?
Probabilmente valgono entrambe le cose. Ma ci si sta chiedendo, a livello di chi studia il “sistema Italia”, se non sarebbe finalmente possibile un vero coordinamento della politica portuale.
Il presidente di Assoporti Giampieri sta facendo il possibile. E gli sta dando una mano anche D’Agostino, da novembre presidente di ESPO (European Port Organization). Nei giorni scorsi ci sono stati incontri e presentazione di programmi.
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Ma bisogna ammettere che il compito di Assoporti non è facile: trattandosi in realtà di una specie di sindacato dei presidenti delle AdSP, che può al massimo essere accettato come consulente del governo.
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Ci si chiede adesso – si vedano anche i vari interventi nei “pensatoi” nazionali – come influiranno nella portualità italiana gli evidenti effetti della globalizzazione avanzata.
E l’altrettanto evidente concentrazione in grandi network di quella che era fino a pochi anni fa una organizzazione frazionata, anzi frazionatissima, delle varie funzioni nei porti.
📌 La stessa Fedespedi nazionale ammette che il numero degli iscritti è in forte calo e prevede che nel prossimo futuro calerà ancora.
📌 Le agenzie marittime stanno diventando uffici delle compagnie.
📌 E i terminal, come si è visto in tutti i principali porti, o fanno parte di catene internazionali – se non mondiali – o annaspano.
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In questa nostra penisola che l’UE continua a considerare – a torto sul piano della logistica, forse non a torto sul piano della politica economica – il “ventre molle” dell’Europa, l’anno appena arrivato dovrà risolvere, necessariamente, il governo della portualità in chiave adeguata alle trasformazioni del trading mondiale.
Altrimenti finiremmo davvero per essere declassati a ventre molle, in un quadro di Mediterraneo sempre più strategico ma dove fioriscono e sempre più fioriranno anche grandi centri logistici sulle sponde sud del Mare Nostrum.
Sono temi, questi, che esulano forse dal quotidiano azzuffarsi dei nostri porti tra di loro, dei proclami che mai arrivano a realizzazioni in tempi veloci, dal continuo imperare di una burocrazia che tutti contestano ma nessuno razionalizza, di un uso deteriore della magistratura amministrativa (e non) per cause annose che si concludono spesso in totali assoluzioni, ma avendo bloccato iniziative e massacrato sul piano personale persone per bene.
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Nella nostra funzione quotidiana di cronisti dei fatti, tutto questo fa male non solo a noi, ma al “sistema”.
È troppo sperare in un colpo di reni che ci faccia uscire velocemente dalla palude dei tempi infiniti e degli obiettivi indefiniti?
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