Con l’auto elettrica tanti disoccupati?
MILANO – Il bando disposto per il 2035 dall’Unione Europea sulle endotermiche – scrive “News Motori” sul web – ha attirato numerose critiche da parte degli operatori della filiera, dei governi e anche dei sindacati.
Questi ultimi lanciano nuovi avvertimenti relativi alle possibili conseguenze determinate dallo stop forzato dei veicoli a combustione interna.
Durante una seduta straordinaria del Comitato europeo Automotive, alla quale hanno preso parte pure le organizzazioni italiane, 👤 Luc Triangle, massimo esponente del sindacato globale IndustriAll (sotto la cui sfera di influenza vi sono oltre 50 milioni di prestatori d’opera, inclusi i metalmeccanici), ha dichiarato: 🗣 “Nell’industria automotive del Vecchio continente il 35% dei posti di lavoro è minacciato dall’elettrico. Per affrontare la transizione abbiamo bisogno di una strategia industriale europea per mantenere e creare buoni posti di lavoro, decarbonizzando al contempo il settore”.
Nel prosieguo del suo intervento, Triangle ha scattato una fotografia della situazione attualmente vissuta nel comparto delle quattro ruote: 🗣 “L’industria automobilistica sta attraversando una trasformazione senza precedenti. La perdita di posti di lavoro su larga scala, l’aumento della pressione sui lavoratori rimasti e i danni sociali saranno inevitabili se l’elettrificazione e l’automazione del settore continueranno a essere lasciate alle sole forze del mercato”.
Di conseguenza, ha esortato le autorità politiche affinché non ignorino la crisi: 🗣 “Servono investimenti per trasformare gli impianti esistenti e sviluppare le catene di fornitura necessarie per produrre i veicoli di cui abbiamo bisogno in Europa e nel mondo per affrontare l’urgenza climatica. Per garantire una transizione equa e mantenere i lavoratori a bordo in questa rivoluzione industriale, dobbiamo avere strategie negoziate che anticipino meglio i cambiamenti in corso”.
Si sono detti dello stesso avviso i sindacati italiani Fiom, Fimn-Cisl e Uilm, secondo cui l’impatto sarà superiore a quello previsto per il resto del Vecchio Continente, con 250 mila lavoratori coinvolti, di cui 120 mila saranno estremamente a rischio. Il 50 per cento dell’indotto potrebbe pagare a sua volta il cambiamento.