Rigassificatori, adesso è boom mondiale
LIVORNO – Sono 162 i rigassificatori operativi al mondo, di cui poco più d’una quarantina (48 secondo alcune stime) galleggianti secondo la formula FSRU (Floating Storage Regasification Unit) resa nota dall’impianto offshore davanti a Livorno della OLT Toscana.
Lo ha reso noto il “LNG Journal” nell’edizione di maggio scorso.
Ci sono in fase di istallazione un’altra decina di FSRU al mondo, più i due Snam previsti per Piombino e per Ravenna. Ma pare che adesso anche la richiesta di navi metaniere – cioè quelle che dovranno portare il gas liquido ai rigassificatori – sia partita tutta forza: secondo gli ultimi dati, ci sono un’ottantina di ordini ai cantieri, tutti con alta priorità.
L’Indonesia ha anche il più alto numero di FSRU operativi: ben cinque.
Ma sono 22 i paesi che ne hanno in servizio uno o più, compresa Russia, Israele, Cina, Malta ed Emirati Arabi (dove peraltro in gas e il greggio di produzione locale non mancano).
Uno dei temi di fondo a sostegno della crescita dei rigassificatori è, ovviamente, la loro capacità di ricevere gas liquefatto proveniente da tutte le diverse fonti esistenti, andandosi anche a scegliere le partite economicamente più convenienti, per rivedere il prodotto rigassificato a prezzi di mercato: gli importanti investimenti necessari all’acquisto e alla gestione degli impianti hanno di questi tempi un buon rendimento proprio grazie al prezzo del gas moltiplicatosi per la crisi russa.
Altro tema importante quello della sicurezza.
La tesi che gli impianti FSRU siano pericolosi è smentita dai fatti: non ci sono stati incidenti di rilievo da quando gli impianti moderni sono in funzione e le poche fughe di gas riscontrate si sono disperse in atmosfera in modo innocuo. Così anche i rischi ambientali tante volte richiamati da chi combatte questi impianti (si veda la campagna scatenata contro l’impianto di Piombino) una volta adottate le prescrizioni di legge, l’inquinamento risulterebbe inferiore a quello di una grande portacontainer.
Secondo SNAM, che ha già preso in carico gli FSRU per Ravenna e Piombino, impianti del genere sono più sicuri – e certamente meno costosi – di un gasdotto sottomarino, che richiede continue ispezioni e interventi, specie in mari come il Mediterraneo dove reti da pesca, ancoraggi “alla pirata” e altri interventi di carattere militare rappresentano rischi concreti.
Da vedere comunque quali saranno le decisioni del prossimo nuovo governo italiano, anche nel quadro delle iniziative della UE.