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I dragaggi della piattaforma Europa

LIVORNO – Avere informazioni di questi giorni di mezz’agosto è una bella impresa: specie su operazioni delicate come i dragaggi propedeutici ai primi interventi per le gare assegnate già da mesi per le opere foranee della Darsena Europa.

Però c’è un aspetto che sta eccitando sia il mondo “Green” sia quello dell’archeologia subacquea.

Cominciamo proprio da quest’ultimo. È passato per occhio, cioè pochi se ne sono ricordati, che nella settimana passata ricorreva l’anniversario della storica battaglia navale della Memoria tra genovesi e pisani. Battaglia che nel 1284, tra l’8 agosto e i giorni successivi nelle conseguenze, segnò di atto la decadenza della repubblica marinara di Pisa. Fu un combattimento navale durissimo, combattuto da entrambe le parti con valore, che costò ai pisani quasi 5 mila morti e ai genovesi quasi 3 mila (Luciano Monti, “la battaglia della Memoria, edizione Media Print 2002). Furono anche affondate 28 galere pisane e 19 genovesi, su fondali sabbiosi e melmosi che secondo i geologi non dovrebbero essere stati oltre i 20/30 metri. Da notare che mentre intorno alla Meloria sono stati trovati a più riprese relitti di navi romane – con un commercio quasi sempre clandestino di anfore – nessuna traccia, almeno ufficiale, dei resti finiti a fondo nella battaglia. Eppure una cinquantina di galere – navi lunghe intorno ai 30 metri, con le armi di almeno 80 combattenti su ciascuna – non spariscono nel nulla nemmeno dopo una decina o quasi di secoli. Gli 8 mila morti con le loro armi, sono ancora la sotto.

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E allora? Vengono proposte dai vari esperti alcune ipotesi che probabilmente sono tutte per certi aspetti valide.

La prima è che quel poco che è affiorato dal fango, magari per le mareggiate, è finito in mano ai saccheggiatori sub che si sono ben guardati da denunciarlo e se lo sono rivenduto all’estero con alti guadagni. Scudi metallici, spade, spiedi, giavellotti e corazze – specialmente i pisani combatterono coperti di ferro – non si volatizzano, specie se coperti da uno strato di fango. Anche le navi di legno non spariscono, visto che ne sono state trovate anche di epoca etrusca e romana.

La seconda ipotesi è che l’intera area della Meloria, quindi dove si svolse la battaglia, è sottoposta da sempre dall’apporto di sabbia e fanghi della foce dell’Arno: secolo dopo secolo, lo strato di fango è diventato una “coperta” di metri sopra i relitti, le armature e i corpi. Nessuno ha mai scavato tanto a fondo, malgrado i tanti appelli degli studiosi (sempre il libro di Media Print riporta che in tempi recenti sia Targioni Tozzetti sia Gianfranco Barsotti, noti studiosi livornesi, provarono invano a proporre campagne di ricerca) anche perché poi è subentrata l’Area Marina Protetta.

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Ecco che subentra il secondo tema citato all’inizio di questo articolo: gli scafi per predisporre il canale di acceso alla futura Darsena Europa. Gli scavi infatti interesseranno, per quello che ci è dato sapere – anche l’area della battaglia. E con i moderni strumenti di sondaggio dei fondali anche coperti di fango – metal detector sofisticati in particolare – non dovrebbe essere impossibile trovare qualcosa. Devo dire che mi piacerebbe davvero.

Così un’operazione che ha risvolti importanti sia per la logistica (il nuovo porto) sia per l’ambiente (i fanghi e le sabbie, una volta filtrati, rilasceranno le spiagge costiere) potrebbe anche ricostruire un evento storico-nautico tra i più importanti d’Italia. (A.F.)

Pubblicato il
13 Agosto 2022

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