Condannato per l’ausilio ai disabili

Nella foto: Il collaudo della gruetta certificata per sbarcare i disabili all’Assonautica di Livorno.
È una vicenda di cui ci siamo occupati, insieme ad altri giornali e allo stesso difensore civico della Toscana, ma che sta sviluppandosi molto male, come ci ha scritto, in una lunga amareggiata lettera, 👤 un portatore di handicap motorio già campione di vela ai vari Trofei Accademia Navale:
🗣 Sono tornato in questi giorni all’Assonautica di Livorno, la storica sede della scuola vela per portatori di handicap sul Porto Mediceo, dopo alcuni mesi di impegni di lavoro al Nord Italia. Ed ho saputo dal mio istruttore ed amico Beppe che il presidente dell’associazione è stato recentemente condannato dal tribunale penale per la vecchia e incredibile vicenda dei pontiletti galleggianti e degli spogliatoi sui container per noi della scuola, il tutto secondo una discutibile denuncia della Capitaneria locale per la mancanza di alcuni “bolli” sulle concessioni.
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Sul piano della più stringente burocrazia può darsi che ci sia stata qualche leggerezza: ma non certo dell’attuale vertice di Assonautica, in quanto pontiletti e container ci sono da almeno trent’anni, donati dalle stesse Autorità del porto e da aziende sensibili ai temi dei meno fortunati come tanti di noi.
Il tutto senza alcuno scopo di lucro, anzi con spese sostenute dal volontariato dell’Assonautica e dai tanti nostri amici.
Non discuto la sentenza, memore del fatto che le sentenze sono…sacre fino prova incontrario. Mi auguro anzi che ci sia un immediato ricorso in appello, pronto – come tanti altri – a testimoniare a favore.
Solo mi chiedo: possibile che nel giudicare una carenza solo formale – senza lucro, senza danni ad altri, senza frode – non si tenga conto dei fini altamente sociali e del bene fatto a decine e decine di giovani sfortunati? 🗣
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Come scrive il lettore, abbiamo trattato questo tema più volte, come del resto anche la stampa nazionale. Secondo Capitaneria la denuncia fu un “atto dovuto” e la stessa Capitaneria, come il Comune e l’Autorità portuale, hanno poi fatto l’impossibile per rimettere tutto in ordine.
Ci dicono che anche la condanna sia “un atto dovuto”.
La nostra profonda amarezza, anche comprate in causa nel passato, è ben più di un atto dovuto. Confidiamo in un ricorso che tenga conto, oltre alle idee rigide già dette, anche degli aspetti umani.
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