Gli italiani e il principio dei NIMBY
ROMA – Difficile capire che cosa vogliono gli italiani in fatto di forniture di gas e idrocarburi.
Perché la recente battuta del premier Draghi sull’alternativa tra qualche grado in più del condizionatore dell’aria o la pace, tutti si sono detti pronti al “sacrificio” salvo poi, alla prova dei fatti, ripartire con i divieti NIMBY.
Ovvero: bene affittare qualche altra nave-rigassificatore, ma non davanti al nostro porto; bene acquistare il gas da altri paesi per liberarci da quello russo, ma non dall’Egitto (vicenda Regeni non risolta) e nemmeno dal Congo (vicenda Attanasio, l’ambasciatore ucciso); bene infine da riprendere le estrazioni dai giacimenti di gas che traboccano in Adriatico, salvo una raffica di “niet” da parte dei Comuni e a volte anche dalle Province interessate.
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Per chi deve governare la cosa pubblica, poco ci manca alla voglia di mandare tutti al diavolo e tornarsene a casa.
Da parte nostra non possiamo non chiederci che razza di Paese sia questo dove non si riesce, da parte dei vari poteri locali che dovrebbero guardare all’interesse comune, a trovare una visione non di cortile e a definire una volta per tutte un piano concreto che non sia vago come le stelle dell’Orsa Maggiore. È stato scritto che su oltre un centinaio di proposte di trivellazioni per il tanto indispensabile gas, alla fine tra veti incrociati locali e regionali ne sarebbero state autorizzate. Ma anche sottoposte a una nuova serie di permessi – meno di una ventina. Tutto con la foglia di fico della difesa dell’ambiente: che tra l’altro ci costringe a riaprire le centrali a carbone o ad olio pesante, condannate da anni come letali o quasi.
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Forse aveva ragione Benito Mussolini, che pur da dittatore, vergò la celebre frase: “Governare gli italiani non è difficile: è impossibile”. E se lo disse un dittatore…
Antonio Fulvi
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