Aree protette e mare più caldo

ROMA – Il riscaldamento globale sta causando un rapido riscaldamento del mare – scrive Greenpeace – con serie conseguenze anche sugli ecosistemi marini: nel bacino del Mediterraneo le temperature superficiali sono aumentate di oltre un grado e mezzo negli ultimi quarant’anni. Per monitorare cosa succede sotto la superficie del mare e studiare l’impatto dei cambiamenti climatici lungo le nostre coste Greenpeace ha lanciato nel 2019 il Progetto Mare caldo, in collaborazione con il DiSTAV dell’Università di Genova e Elbatech. 

Nei padiglioni dell’EUDI SHOW, la fiera della subacquea che si è tenuta a Bologna, ha avuto luogo un incontro sul tema con Giorgia Monti, responsabile Campagna Mare Greenpeace Italia e Monica Montefalcone, ricercatrice del DiSTAV dell’Università di Genova.

La rete di monitoraggio, grazie alla collaborazione con diverse Aree Marine Protette Italiane, è arrivata a contare ben undici stazioni di misurazione delle temperature marine distribuite nei diversi mari italiani, all’Isola d’Elba si sono via via aggiunte ben dieci Aree Marine Protette (Portofino, Cinque Terre, Miramare, Torre Guaceto, Isole di Ventotene e Santo Stefano, Plemmirio, Capo Carbonara, Tavolara-Punta Cavallo, Asinara, Isole Tremiti).

I risultati ad oggi raccolti – scrive Greenpeace – confermano un riscaldamento lungo tutta la colonna d’acqua alle diverse latitudini con seri impatti sulla biodiversità: da Sud a Nord sono in atto dei cambiamenti, spesso irreversibili, con la morte di alcune specie chiave e l’invasione di altre che meglio si adattano a un mare sempre più caldo. 

“Gli studi in corso dimostrano come sia necessaria una raccolta dati coordinata e condivisa che abbia un ampio respiro temporale e spaziale per acquisire le conoscenze necessarie per fronteggiare le attuali sfide ambientali” – ha detto Monica Montefalcone, DiSTAV dell’Università di Genova. “Stiamo assistendo anche nei nostri mari a fenomeni di sbiancamento dei coralli e di necrosi delle gorgonie che ricordano quanto accade alla grande barriera corallina”.

“Lavorare in rete è fondamentale anche per sviluppare le adeguate misure di gestione e tutela necessarie ad aumentare la capacità dei nostri mari di reagire al cambiamento in atto. Per questo abbiamo deciso di lavorare con le Aree Marine Protette la cui rete dovrebbe essere valorizzata e rafforzare per poter adeguatamente proteggere i tesori dei nostri mari” – ha concluso Giorgia Monti, responsabile Campagna Mare, Greenpeace Italia. 

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