L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Lo shipping e le “sfide” del programma “Fit for 55”: tra criticità
Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante lo shipping e le sfide “Fit for 55”.
ROMA – Come noto, nel corso degli ultimi anni, il trasporto marittimo europeo è stato progressivamente interessato da un nuovo impianto regolatorio teso a ridurne l’impatto ambientale. Già nel 2019, infatti, la Commissione europea (“Commissione”) presentava al Parlamento dell’UE, nell’ambito del cd. “Green Deal Europeo”, specifiche iniziative e proposte con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Ed è in questo contesto che, nel luglio dello scorso anno, la Commissione ha adottato il cd. “Pacchetto clima Fit for 55” (“Fit for 55”), vale a dire una serie di proposte che indirizzano le politiche dell’UE in materia di clima, energia, fiscalità e trasporti nell’ottica di ridurre le emissioni nette di gas serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, di almeno il 55%. Trattasi di un pacchetto di proposte che interessano tutti i settori dell’economia, quattro delle quali di diretto interesse per lo shipping. Vediamo di cosa si tratta.
In primo luogo, v’è l’inclusione del trasporto marittimo nel cd. “Emissions Trading System” (“EU-ETS” o “Sistema ETS”), vale a dire il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE introdotto dalla Direttiva 2003/87/CE e regolamentato dal principio cd. “cap&trade” in forza del quale viene fissato dall’UE un limite alla quantità di emissione di alcuni gas serra che gli impianti possono emettere in atmosfera.
Il Fit for 55, in questo senso, propone:
(i) di estendere l’applicazione dell’EU-ETS anche al trasporto marittimo e, in particolare, alle navi aventi stazza lorda uguale o superiore alle 5.000 tsl di qualsiasi bandiera prevedendo che le imprese di navigazione acquistino quote di emissioni dall’UE per utilizzarle a copertura della propria quota-parte di emissioni per l’anno di riferimento (potendo eventualmente anche venderle ad altri soggetti interessati), oppure per utilizzarle l’anno successivo;
(ii) una specifica cadenza temporale per l’acquisto delle quote da parte delle navi, pari al 20% delle proprie emissioni a partire dal 2023, aumentandolo annualmente fino alla piena copertura nel 2026.
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In secondo luogo, v’è l’imposizione di requisiti di intensità dei gas serra sui carburanti di uso marittimo, attraverso l’iniziativa cd. “FuelEu Maritime”. Trattasi in sostanza di una proposta sui carburanti sostenibili per i trasporti marittimi al fine di introdurre nuovi obblighi per le navi in arrivo o in partenza dai porti dell’Unione – a prescindere dallo Stato di bandiera – limitando il tenore di gas a effetto serra dell’energia che esse usano e rivedendo progressivamente, al ribasso, i limiti in questione. Ciò sul presupposto che i combustibili utilizzati dalle navi diminuiscano la loro intensità di gas serra di una certa percentuale rispetto al 2020 (assunto come anno di riferimento), a partire dal 2025, con aumento su base quinquennale fino al 2050.
In terzo luogo, v’è la proposta di revisione della cd. “Energy Taxation Directive” (“ETD”), che propone la rimozione delle esenzioni fiscali attualmente previste per i combustibili fossili impiegati nel trasporto marittimo. In termini pratici, questa proposta prevede che a partire dal 1° gennaio 2023 siano tassati il fuel pesante, il gasolio marino, il GNL ed il GPL (questi ultimi due con aliquote ridotte fino al 2033). Gli Stati membri avrebbero così la possibilità di estendere le tasse ai bunker venduti per viaggi internazionali.
Una quarta proposta, da ultimo, riguarda la possibile adozione di un nuovo regolamento per la realizzazione di un’infrastruttura per i fuel alternativi (cd. “Alternative Fuels Infrastructure Deployment” o “AFID”). Trattasi della proposta di regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi che vuol assicurare la realizzazione nell’UE di infrastrutture indispensabili per la ricarica ed il rifornimento di mezzi di trasporto più green, incluse le navi, che utilizzino tali combustibili.
Nella proposta risultano incluse l’infrastruttura per la distribuzione del GNL nei porti (cd. “Core”) e quella per la fornitura da terra dell’energia elettrica alle navi in sosta nei porti (il cd. “cold-ironing”). Il tutto con una time-line che vede il 1° gennaio 2025 come data entro la quale dovranno essere disponibili un numero sufficiente di punti di rifornimento di GNL ed il 1° gennaio 2030 come data a partire dalla quale dovrà essere disponibile un minimo stabilito di fornitura di elettricità dalla rete di terra.
Alla luce di quanto sopra, risulta evidente come le implicazioni per il settore dello shipping siano molteplici e necessitino di adeguata attenzione sia a livello nazionale che unionale.
In particolare, l’inserimento del trasporto marittimo nell’EU-ETS, se da un lato mira ad una riduzione delle emissioni attraverso la leva economica, secondo il principio del “chi più inquina più paga”, combinata con una progressiva diminuzione delle quote stesse disponibili (che saliranno di prezzo), dall’altro lato, v’è il tema che le imprese di navigazione potrebbero non avere la possibilità di modificare il proprio piano energetico ed essere, per contro, soggette al mero pagamento delle quote.
Ciò con un conseguente:
(i) sensibile aumento dei costi del trasporto, senza un reale beneficio in termini di riduzione delle emissioni;
(ii) impatto negativo anche sulla competitività delle imprese di navigazione e degli altri operatori marittimo-portuali europei, quali i terminal portuali.
L’iniziativa FuelEU Maritime, invece, potrebbe essere in linea di principio favorevole per il trasporto marittimo, nella misura in cui agevola l’adozione di combustibili alternativi a quelli derivati dal petrolio, imponendo l’utilizzo nelle flotte di percentuali via via crescenti di energia a basso (o zero) contenuto di carbonio. Ciò che, tuttavia, parrebbe destare qualche perplessità riguarda la tempistica proposta dalla Commissione, che presuppone uno sviluppo delle fonti a basso contenuto di carbonio attualmente non prevedibile e con il rischio quindi di assumere una connotazione “punitiva” per il nostro settore.
Quanto poi alle ultime due proposte se, da un lato, l’ipotizzanda revisione della ETD porterebbe all’eliminazione dell’esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti marini, aprendo così la strada all’introduzione di accise sui combustibili navali, con potenziali ricadute sui costi del trasporto marittimo globalmente inteso, dall’altro lato, l’ipotizzando Regolamento AFID potrebbe avere dei risvolti positivi per il settore dello shipping posto che la disponibilità di un’adeguata rete di distribuzione dei fuel alternativi è prodromica ad una effettiva de-carbonizzazione nel nostro settore. Ciò che, in questo contesto, sarebbe semmai opportuno è che la realizzazione della rete di distribuzione dei combustiili alternativi – ed in particolare del GNL seppur in via transitoria – sia accelerata il più possibile anche mediante un’adeguata ed efficiente interfaccia tra le strutture di fornitura della corrente elettrica di terra per le navi all’ormeggio nei porti e l’installazione a bordo degli impianti di “cold-ironing”. Così come dovrebbe essere reso economicamente comparabile anche il costo della corrente elettrica prelevata da terra con quello della corrente elettrica autoprodotta a bordo dalla nave, che oggi risulta significativamente inferiore.
In conclusione, posto che le proposte sopra descritte si riferiscono a possibili soluzioni che dovranno preventivamente essere adeguatamente discusse in sede europea, di concerto anche con l’IMO, sembra chiaramente emergere l’idea di politiche future più stringenti sulle emissioni e sulla de-carbonizzazione del nostro settore. Considerati, quindi, sia gli aspetti potenzialmente positivi di queste proposte sia quelli critici (questi ultimi in maggioranza rispetto ai primi), la vera partita si disputerà in sede europea dove stakeholders e Autorità nazionali dovranno cercare di spiegare che, pur avendo finalità condivisibili in linea di principio, proposte di questo genere non debbano portare all’adozione di soluzioni che comportino il rischio di innescare un processo estremamente penalizzante per il settore marittimo-portuale nel nostro Paese con conseguente alterazione anche dei livelli di concorrenza per le imprese che vi operano e che ivi hanno inteso radicarsi ed investire.
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