I fari dei porti: belli, ma servono ancora?
Non è la prima volta che qualcuno s’interroga sull’utilità e il costo dei fari marittimi. Questa volta ce lo chiede con una mail il portavoce di un gruppo di studenti di una scuola media superiore di Sassari, il giovane Gavino Sanna:
Nei giorni scorsi un nostro insegnante di storia ci ha parlato della nascita dei fari marittimi, che prendono il nome dal primo impianto a Pharos (da qui il nome).
Ci ha anche detto che oggi i fari marittimi hanno perduto ogni funzione di sicurezza, soppiantati dai GPS che grazie ai satelliti forniscono una guida molto più sicura ed accurata. Eppure alcuni marittimi nostri parenti difendono la funzione dei fari non tanto per le grandi navi quanto per la pesca e il diporto.
Chi ha ragione?
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Per quello che possiamo giudicare, hanno ragione entrambe le tesi. La navigazione moderna ha strumenti assai più sofisticati e precisi della semplice luce di un faro: come ha citato lei, il Gps ormai è entrato nelle dotazioni anche dei pescherecci già piccoli, e dei gommoni anche solo costieri. Per questo motivo, e tenendo conto anche dei costi, parecchi fari sono stati di fatto privatizzati, diventando suggestivi alberghi o ristoranti. Quelli rimasti ormai sono totalmente automatizzati e non sono più gestiti, come accadeva fino a mezzo secolo fa, da un barista permanente, spesso alloggiato con l’intera famiglia in località deserte o addirittura su uno scoglio come a Capo Carbonara, proprio nella sua Sardegna. Esiste comunque la volontà di mantenere attivi i fari dei porti più importanti, sia per tradizione che per utilità pratica (tutti gli apparati elettronici possono andare in avaria).
Dureranno?
Noi crediamo (e speriamo) di sì.