Assiterminal, gli impegni dopo la burrasca

Alessandro Ferrari
ROMA – Lavorare sodo perché la legge di bilancio nazionale dia una mano ai terminal portuali, squassati dal Covid, dalle normative burocratiche non adeguate, dal vero disastro dei terminal crociere. Ma specialmente lavorare insieme, facendo massa critica malgrado la polverizzazione tipica del nostro paese delle associazioni di settore. È questo il “mantra” portato avanti da Assiterminal, con risultati che sembrano positivi. Lo chiediamo al direttore dell’associazione Alessandro Ferrari.
[hidepost]
Direttore, dovete fare i conti con il drastico calo delle crociere nei relativi terminal, ma anche con i ridotti volumi delle merci, più gli extracosti tutti nuovi…
“Sono realtà pesanti, che stiamo comunque affrontando, consapevoli anche di altri problemi in essere, come la crescita dell’inflazione quanto non si vedeva da decenni.
Il che incide sul valore reale dei fatturati dei terminal, che qualche volta sembrano tenere o anche aumentare, ma rapportati al 2018 sono ancora in sofferenza. Noi abbiamo portato avanti una serie di proposte operative con la volontà di lavorare insieme alle altre organizzazioni, di fare massa critica sui temi comuni: ci confrontiamo con Assoporti, con i sindacati, con la stessa Confitarma. Il nostro presidente Luca Becce l’ha ribadito anche nella settimana dello shipping a Genova e su alcuni temi siamo riusciti davvero a mettere insieme proposte comuni, come sui prepensionamenti, sul contratto collettivo, sugli art. 17 dei lavoratori nei porti…”.
Uno dei temi scottanti è quello delle concessioni, i cui costi sono spesso fuori realtà…
“Siamo riusciti a impostare con il Governo e i tecnici ministeriali un lavoro che ormai va avanti da 18 mesi e riguarda non solo i nostri associati ma l’intero settore. La sostanza, sia pure semplificata: i canoni delle concessioni devono tener conto degli investimenti e non possono essere rigidi ma vanno parametrati anche nella durata. Gli imprenditori chiedono e devono avere certezze, è una delle leggi dell’economia. Ci stiamo lavorando proprio nell’ambito della legge nazionale di bilancio, insieme ali altri temi che richiamavo prima”.
Dal suo punto di vista, certamente molto approfondito sul concreto, come vede l’operatività dei terminal portuali italiani per il prossimo domani?
“Dando per scontate le iniziative in corso con il Governo, con Assoporti, i sindacati e le altre associazioni, il punto è differenziato. I terminal crociere stanno soffrendo più di tutti: se nel 2020 hanno sofferto di un -95% del lavoro, quest’anno si chiude con un -80% e il booking per l’anno prossimo pur essendo in crescita non supera ad oggi il 50% rispetto al 2019. Se consideriamo che nel 2019 c’erano 12 milioni di turisti con le crociere, bisogna prevedere per l’anno prossimo non più di 6 milioni di arrivi. Meglio di quest’anno ma la perdita di valore economico anche per le città è pesante”.
E per gli altri terminal portuali?
“Il problema principale rimane il timing delle navi, che non consente di pianificare arrivi e lavoro: il che comporta, insieme agli extra-costi per la sicurezza anti-Covid, anche una programmazione complessa e ovviamente costosa. Come quantità delle merci si sta tornando lentamente ai livelli del 2019. I fatturati sono qualche volta in crescita, almeno nei terminal più efficienti, ma parametrati all’aumento delle spese e alle inefficienze non nostre, non si tratta di aumenti reali degli utili”.
Un’ultima domanda: parlando dei terminal portuali, quale forza lavoro rappresentano, in un totale almeno approssimativo?
“Siamo nell’ordine dei 12 mila lavoratori, molti dei quali specialisti”.
Antonio Fulvi
[/hidepost]