Darsena Europa e pensierini assai fastidiosi
LIVORNO – Ripartiamo dalla conferenza stampa di tutto il gotha dell’AdSP sulla Darsena Europa. Ne abbiamo riferito a botta calda, oggi proviamo a ragionarci sopra.
La stampa livornese, e noi con essa, ha dedicato ampio spazio all’annuncio che “adesso la Darsena Europa c’è”, la grande opera ”è partita”, il Governo la benedice. Tutto vero, compresa la legittima soddisfazione che va sia a Luciano Guerrieri e ai suoi collaboratori nell’AdSP, sia ai suoi predecessori che sul sogno della Darsena si sono sbattezzati. Se ne parla, ricordiamolo, dal 2006.
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Dove ancora sussistono alcuni dubbi, che siamo però convinti saranno chiariti nel proseguo, è sulla parte economica. Simone Gagliani, responsabile per questo non indifferente dettaglio, ha ricordato che per le opere foranee e dragaggi (i due interventi che stanno partendo) sono disponibili i circa 450 milioni finanziati da Regione (200) Stato (altri 200 + 50 attraverso il Cipe) e AdSP (altri 90 di accantonamenti).
In teoria dunque i soldi ci sono perché questa prima fase costerebbe intorno ai 450 milioni: solo che alcune di queste cifre sono promesse ma non ancora “di ciccia”.
Arriveranno presto? Si spera.
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Altro dubbio: ma se si dovessero spendere 450 milioni o addirittura di più per questa prima fase, quanto rimarrebbe per la seconda e più importante fase, cioè realizzare la darsena vera e propria con il terminal container? L’ipotesi di progetto parla di 800 milioni chiavi in mano: se tutti i 450 milioni pubblici finissero nelle opere foranee, per la gara del terminal rimarrebbero solo spiccioli di contributo pubblico.
Domanda: persino un grande gruppo terminalista potrebbe avere qualche difficoltà ad assumersi oltre 300 milioni di investimento.
Oppure no?
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Sia chiaro: queste possibili perplessità non sono farina del nostro sacco: vengono da chi segue per interesse professionale l’evento. Si sussurra che per la gara appena partita (opere foranee e dragaggi, con relativa bonifica dai residuati bellici) si siano già costituiti almeno due consorzi di grandi imprese con specifiche professionalità; e che un terzo si stia creando. Almeno uno, se non tutti a tre, comprenderebbero anche uno o più seri gruppi locali dalle spalle forti. Per la seconda gara, quella che dovrà venire sul terminal vero e proprio, la gamma dei possibili interessati è ancora più ristretta, ma punta su giganti che operano sia nel campo dello shipping che del terminalismo. Se ne parlerà quando sarà il momento. Non è un mistero che si punti molto sul gigante MSC.
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Tra i nodi che rimangono, c’è quello relativo all’ormai famigerato “ultimo miglio” al Calambrone. Nella conferenza stampa di annuncio della prima gara, abbiamo riproposto il problema: consapevoli di creare imbarazzo per la bella festa, ma anche per senso del dovere nel richiamare alla realtà anche la Regione, presente con il suo presidente Giani, che sul tema sembra aver dimenticato gli impegni assunti dal predecessore Rossi quando furono realizzate le due dighe esterne alla foce dello Scolmatore. L’imbarazzo c’è stato, anche se Guerrieri ha correttamente sottoscritto la preoccupazione per i tempi lunghi della soluzione Calambrone, ed ha insieme assicurato che l’AdSP ci sta lavorando. Siamo però ancora fermi al progetto di larghissima massima (e largamente contestato) di un ponte levatoio sulla foce dei Navicelli per la viabilità verso Tirrenia, conditio sine qua non per poter tombare la sfociatoia degli stessi Navicelli e dello Scolmatore in Darsena Toscana.
Ci chiediamo: non rischiamo davvero di creare una bellissima opera al mare strangolata poi nei suoi altrettanto importanti e determinati accessi da terra? Non replicheremo la vergognosa realtà di un porto di Piombino con banchine a 20 metri di profondità (uniche in Italia o quasi) e poi un viottolo o quasi, perennemente intasato specie d’estate, per arrivarci?
Antonio Fulvi
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