Ecco i perché in Turchia
Il tema delle demolizioni navali è stato affrontato anche dal dottor Fabrizio Vettosi, noto e spesso ospite su queste colonne. Ci riferisce l’amico Vettosi.
“È un tema amaro e me ne sto occupando per conto di un nostro cliente. Abbiamo fatto varie simulazioni e purtroppo ad oggi la Turchia rimane la soluzione più conveniente causa un differenziale del costo del lavoro (su una nave militare medio-piccola ci sono circa 900 mila h./lavoro) di oltre il 30%”.
“Tra l’altro con i turchi non si pone nemmeno il problema del costo del trasporto in quanto comprano “as is where is” a circa il prezzo piano dello scrap (in Turchia più o meno 300 $/Tons) sobbarcandosi il suddetto costo. La differenza è rappresentata anche dalla capacità di riciclare il risultato della demolizione; le navi militari hanno molto equipment di bordo ad alto valore aggiunto che i turchi recuperano. In pratica, come spesso accade, la differenza è rappresentata dal costo del lavoro e, soprattutto, dal know how che abbiamo ormai perso.
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“In sintesi, un produttore di acciaio italiano paradossalmente ha più convenienza a ricomprarsi il rottame dalla Turchia derivato dalla demolizione delle nostre navi militari anziché farlo in Italia attraverso un demolitore italiano”.
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