Raccomar Taranto sul calo dei traffici
TARANTO – Nel porto di Taranto uomini e donne lavorano in silenzio tutti i giorni – nel bel mezzo di una pandemia che ha completamente stravolto l’andamento dell’economia mondiale – fronteggiando un calo di traffici evidente e pastoie burocratiche di difficile comprensione
L’ultima novità – scrive in una nota Raccomar – riguarda l’obbligo di acquisizione di titolo abilitativo relativo alle emissioni in atmosfera per le attività di movimentazioni merci polverose.
Tale documentazione, finora non richiesta in nessuna Provincia italiana, porterebbe al blocco dei traffici di rinfuse solide nel nostro porto e non solo!
La prima nave è stata dirottata in altro porto per evitare stalli e controlli da parte degli Enti preposti e tante altre ancora potrebbero seguirne. Per il cluster marittimo tutto ciò è inaccettabile.
Una situazione paradossale che fa il paio con un’altra enorme stortura burocratica che da sempre attanaglia il nostro porto: le autorizzazioni uso fiamma per lavori a bordo di navi che trasportano eolico e cantieristico. A Taranto abbiamo una procedura farraginosa e penalizzante ove porti limitrofi (con stessa normativa, stessi chimici di porto, stesse direzioni regionali di USMAF e VV.FF) hanno ordinanze e procedure estremamente più snelle, a beneficio degli armatori che preferiscono scalare gli altri porti pugliesi e non Taranto.
Se la normativa è nazionale, tutti i porti devono avere le stesse regole!
In questa fase di crisi economica e occupazionale, la tenuta dei traffici industriali all’interno dell’area portuale è vitale per la sopravvivenza delle nostre imprese.
Siamo d’accordo con il professor avvocato Patroni Griffi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale che da subito si è fatto carico della questione e che sostiene che le imprese portuali non hanno l’obbligo di essere considerate “stabilimento” in quanto prestatori d’opera; pertanto non dovrebbero dotarsi di autorizzazioni specifiche.
Chiediamo altresì a tutti gli Enti coinvolti in questi temi – conclude la nota – un tavolo di politica industriale che ponga il lavoro sempre al centro del dibattito.