L’invasione delle meduse
LIVORNO: Una premessa: portiamo loro rispetto. Perché secondo gli scienziati, sono gli esseri viventi più antichi del mondo, e hanno in loro il gene dell’eternità. Davvero: potenzialmente una medusa potrebbe vivere molti secoli, o addirittura per sempre.
Medusa, nome di uno degli orridi mostri che la mitologia greca seppe trasmetterci; oppure Jellifish, prosaico ma descrittivo senza possibilità di equivoci secondo gli anglosassoni. Le chiamino come credono: il problema è che pizzicano, anzi bruciano. Peggio: sono in molti casi talmente urticanti da lasciare cicatrici permanenti. E alcune, non in nostri mari ma altrove, arrivano ad uccidere.
Tra i piccoli e grandi mostri del mare, le meduse sono i più frequenti, i più diffusi anche a pochi centimetri da riva, i meno conosciuti. I bagnanti li considerano un fastidio, alcuni un pericolo: ma non fanno tanto notizia come una piccola pinna di squalo – quasi sempre inoffensivo – o l’innocuo, coreagrafico “soffio” d’una balena intravisto da un traghetto. Eppure c’è tutta una letteratura che sulle meduse ritiene di poter leggere l’ecosistema marino. Di meduse si cibano le tartarughe Caretta, i delfini, le stenelle, probabilmente anche svariate altre famiglie di abitanti del mare, pesci predatori come i dentici. Chi fa googling, ovvero nuota con la maschera sub, ha visto spesso grandi meduse, circondate da piccoli pesci di scoglio che ne mordicchiano golosi i tentacoli. Altre volte i tentacoli stessi sono micidiali micro-arpioni, che inchiodano avannotti o larve pelagiche per portarli all’organo di alimentazione.
Ogni medusa, dalle piccole velelle alle grandi, policrome e innocue cotylorhize tubercolate, è un mondo nel mondo del mare. Addirittura utile, secondo gli ultimi studi perché assorbirebbero grandi quantità di carbonio sciolto nell’acqua, depurandola. Spettacolari nel caledoscopio dei colori, oppure trasparenti come fantasmini alla Walt Disney, le meduse dei nostri mari sono considerate assai meno pericolose delle Cubomeduse che in Australia uccidono decine di persone, ma ugualmente da tenere a distanza. Nei nostri mari il veleno della Pelagia nottiluca, che di sera s’illumina di un inquietante color verdastro, è tra i più dolorosi: i suoi tentacoli, sottilissimi e quindi quasi invisibili, possono essere lunghi anche più d’un metro. Altra medusa pericolosa e la Rhopilema, che è arrivata attraverso Suez e sta aumentando notevolmente lungo le nostre coste. Fortunatamente più rara è la piccola Carybdea, dalla strana forma cubica con lunghi tentacoli: sembra un micro-sacchetto trasparente di plastica, ma brucia come il fuoco.
Una piccola consolazione è che per tutti noi mediterranei, quasi sempre il veleno delle meduce “locali” – costituito da tre proteine con effetto urticante e paralizzante sui piccoli organismi – è termolabile, cioè viene almeno parzialmente annullato con il calore. I pescatori urticati dalle meduse appoggiano sulle parti colpite un sasso arroventato da sole, o la lama di un coltello scaldata dal fuoco, o comunque qualcosa di molto caldo. Un altro rimedio conosciuto nelle nostre isole è il succo dell’aloe, valido anche per lenire le punture delle zanzare o delle api. Infine ci sono i capolavori di una natura che si è sbizzarrita in colori e forme sono le meduse “cassiopea”, ovvero cothinoriza, del tutto innocua: come quella della foto grande (l’altra è la nottiluca, che pizzica e che è arrivata a sciami).
Mi pinzi? E io ti mangio
Lo sapevate che le meduse sono commestibili? E che anche in alcune regioni italiane costituiscono un piatto quasi normale?
La ricetta prevede di togliere i tentacoli, che sono la parte urticante, e utilizzare solo la capanna.
Per cuocerle, sbollentate le meduse per due minuti in acqua e limone, asciugatele con un canovaccio, infarinatele e passatele nella pastella preparata con farina di semola e acqua frizzante gelata (si può volendo aggiungere anche un tuorlo). Friggere in olio caldo ma non rovente.
Buon appetito.