L’economia e le ricette di Draghi
MILANO – Tra le tante analisi che circolano sul web in relazione allo stato dell’economia nazionale, quella inviataci dalla E. Tomasini & Associates ci sembra particolarmente accurata. Ne riportiamo un estratto.
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Per il momento siamo in una situazione in cui diversi indicatori macroeconomici puntano al rialzo come non mai negli ultimi 20 anni e quello più stupefacente di tutti è quello del sentiment economico italiano che ha toccato il massimo proprio degli ultimi 20 anni, sperando che poi segua anche il PIL.
La domanda è sempre uguale: quando il nostro Paese metterà il turbo, se lo metterà mai. Questa è una domanda che non soddisfa solo le recondite ansie di ogni economista ma che riguarda tutti noi. L’Italia è costretta in una gabbia da circa un decennio e questa gabbia è rappresentata dalla congestione decennale dei nostri indici di borsa.
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Siamo attualmente in una situazione in cui diversi indicatori macroeconomici puntano al rialzo come non mai negli ultimi 20 anni; e quello più stupefacente di tutti è il “sentiment” economico italiano che ha toccato il massimo proprio negli ultimi 20 anni. Diciamo subito che gli indicatori di sentiment sono delle manifestazioni di volontà, delle intenzioni, uno stato d’animo e non sono il PIL che invece sono soldini sonanti. Sono due mondi diversi: prima viene il sentiment e di solito poi segue il PIL. Se manca il sentiment raramente il PIL vola. Quindi per il momento accontentiamoci del PIL coscienti che è meglio quello di niente.
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A livello di Borsa si ripete questo dilemma: siamo sul tetto di un canale orizzontale che dura dal 2008 ad oggi e ora che gli indici oscillano pericolosamente sul tetto della congestione; il dubbio è se scendano fino al pavimento della congestione o se invece possano sfondare tutto e finalmente veder la luce.
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Operativamente, per chi crede alle strategie trend following, la domanda diventa assillante: in questo momento le strategie di breakout o di trend following infatti potrebbero diventare esiziali perché se invece di un trend al rialzo ci ritroviamo a capitolare al ribasso dovremmo ovviamente affrontare una situazione incresciosa. È infatti una situazione che noi abbiamo deciso di evitare limitando per il momento di comprare sui massimi sperando in una prosecuzione del rialzo e rimanendo invece concentrati sulle azioni che hanno stornato pur mantenendo buoni fondamentali.
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Ci hanno chiesto un parere sulle riforme di Draghi. Non sono nient’altro che i compiti che ci ha imposto l’Europa e sono cose ordinarie in un paese civile. Chi le riesca a portare a termine è un altro paio di maniche. Piuttosto, leggevo del progetto di introdurre delle norme anti-delocalizzazione. In altre parole siccome la giustizia non funziona, la sanità soprattutto al Sud è allo sfascio, le infrastrutture sono borboniche, l’amministrazione pubblica è alla frutta, gli investitori stranieri scappano e le aziende italiane buone delocalizzano, ecco che per regio decreto puniremo con le baionette chi vuole fare impresa e gli impediremo di scappare dal gulag. (Eccessivo? Mica tanto…)
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“Se questo è l’andazzo mentale del Paese – conclude l’editoriale – Draghi può fare davvero poco. La cosa che dispiace di più è che sulle analisi di economia o di finanza non fiata nessuno, ma se tocchi il calcio scoppia il finimondo. Poi ci ritroviamo a parlare del gap nella crescita del PIL italiano con il resto del mondo…
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