Visita il sito web
Tempo per la lettura: 4 minuti

Silvia Moretto: armatori e libero mercato

Silvia Moretto

La presidente di Fedespedi Silvia Moretto ci ha scritto la seguente interessante nota, che ovviamente riportiamo integralmente, per chiarire la posizione della Federazione rispetto allo stato del mercato del trasporto marittimo containerizzato. Un chiarimento che prende spunto anche dalle osservazioni critiche che su queste colonne aveva presentato Fabrizio Vettosi.

*

Caro direttore, le osservazioni di Fedespedi sull’evoluzione del settore del trasporto marittimo di container non sono frutto né di invidia né tantomeno di una sterile battaglia di categoria, ma la puntualizzazione di criticità che si sono evidenziate con sempre maggior forza in questi ultimi anni.

Quello che ci preoccupa non sono le strategie di espansione o di integrazione messe in atto legittimamente dalle compagnie marittime. Siamo imprenditori, crediamo nel libero mercato e, quindi, nella libertà delle imprese di scegliere la propria strada. Ma, e qui sta il punto, libero mercato significa parità di condizioni e regole uguali per tutti.

Nel settore del trasporto marittimo container questo accade? Noi crediamo di no.

Le compagnie marittime godono di alcuni importanti trattamenti di favore quali, in primo luogo, la parziale esenzione dalla normativa antitrust UE (Consortia Block Exemption RegulationCBER, che consente ai carrier marittimi riuniti in consorzi/alleanze, di scambiarsi dati commercialmente sensibili al fine di condividere la capacità di carico sulle navi e coordinare la programmazione delle rotte), regimi fiscali favorevoli (dalla Tonnage Tax alla recentissima probabile esenzione dalla Global Minimum Tax proposta dall’OECD) e cospicui Aiuti di Stato. Il risultato: l’International Transport Forum dell’OECD ha calcolato che a livello internazionale, l’imposta sulle società ha un’aliquota media del 7% per le shipping line, contro il 27% di uno spedizioniere indipendente. Questo significa che per svolgere la stessa attività door-to-door un’impresa di spedizioni internazionali in media paga tasse quattro volte superiori rispetto a un carrier.

[hidepost]

Sul tema dell’esenzione dalla normativa antitrust (CBER), Fedespedi ha pubblicato un Quaderno, ma prima di noi sullo stesso tema è intervenuto ancora l’indipendente International Transport Forum (con gli studi del 2018 The Impact of Alliances in Container Shipping e del 2019 Container Shipping in Europe: Data for the Evaluation of the EU Consortia Block Exemption Regulation), segnalando come, grazie a tali vantaggi, il mercato si stesse configurando sempre più come un ristretto oligopolio governato da alcuni grandi attori legati tra loro da accordi e partnership, le cosiddette Alliance, che attualmente su alcune direttrici controllano quasi il 100% dell’offerta di stiva.

Dunque, le domande che ci poniamo, e che poniamo agli addetti ai lavori e, soprattutto, alle istituzioni a livello nazionale ed europeo, sono le seguenti:

• È corretto che le shipping line sfruttino tali vantaggi per entrare in altri settori e fare concorrenza ad aziende che di quei vantaggi non possono usufruire?

• Questo non configura una situazione gravemente lesiva della corretta dinamica concorrenziale?

• Quale spazio di scelta rimane ai clienti di fronte ad un sistema sempre più integrato e concentrato?

Che il problema esista non lo sosteniamo solo noi, ma altri se ne stanno rendendo conto. Non è un caso, ad esempio, che a livello internazionale, si siano mosse molte associazioni, oltre a quelle degli spedizionieri (CLECAT e FIATA): i terminalisti europei (Feport), i caricatori (European Shippers’ Council e Global Shippers Forum), gli operatori del trasporto intermodale (International Union for Road-Rail Combined Transport – UIRR), oltre a EBU (European Barge Union), ETA (European Tugowners Association) e ETF (European Transport Federation).

Ancor più significativo è che l’amministrazione Biden abbia emesso un ordine esecutivo a tutela e promozione della concorrenza, con il quale, tra le altre cose, il presidente USA chiede alla Federal Maritime Commission di agire vigorosamente contro le “exorbitant charges” imposte dai carrier marittimi agli esportatori americani. Il testo qui si riferisce alle centinaia di migliaia di dollari di extracosti addebitati per “detention and demurrage” (sosta del container all’interno del terminal portuale), cresciuti esponenzialmente con la congestione dei porti post-lockdown a partire dalla seconda metà del 2020. Le cause di questa situazione vengono lucidamente individuate nel rapido consolidamento e concentrazione del mercato globale del trasporto marittimo, che ha visto salire le quote di controllo delle 10 principali compagnie marittime dal 12% del 2000 ad oltre l’80% di oggi, “leaving domestic manufacturers who need to export goods at these large foreign companies’ mercy”.

La conclusione dell’amministrazione USA è la stessa nostra e di tutti gli operatori della catena logistica che ogni giorno si devono confrontare con una sempre più profonda distorsione del mercato: senza concorrenza non c’è sano capitalismo, non è tutelata la pluralità o la libera impresa, e non vi è alcun vantaggio per i consumatori finali.

L’ultimo anno e mezzo è un chiaro esempio di questa dinamica: l’intelligente controllo della capacità di stiva (blank sailing, idle fleet, spinta sulle rotte più redditizie, come la transpacifica) ha permesso alle compagnie marittime di contenere i costi. Questo ha portato ad un rialzo vertiginoso dei noli (l’indice Shanghai-Med lo scorso 25 giugno ha superato 13.000 dollari per un container da 40’, sfondando ancora una volta ogni record), alla congestione dei porti, alla penuria di container vuoti, a una affidabilità del servizio ai minimi storici (che da inizio 2021 oscilla tra il 35 e il 40 per cento) e a continue rotture di stock e difficoltà di approvvigionamento per le imprese, aumentando così l’incertezza in un momento molto delicato per le economie di tutto il mondo, alle prese con una ripresa lenta e una convivenza ancora non facile con le nuove varianti di Covid 19.

Mentre le compagnie facevano registrare profitti record (27 miliardi nel 2020, +38,2% nel I Trimestre 2021, con una previsione per fine anno tra gli 80 e i 100 miliardi) a pagare il prezzo più alto è stata la merce.

Noi crediamo che questa situazione non sia più sostenibile e chiediamo alle istituzioni europee di ripristinare regole uguali per tutti, alla base di una sana concorrenza e di un mercato davvero libero.

Grazie per l’attenzione che ha voluto riservare alla nostra posizione. Siamo disponibili, qualora fosse di vostro interesse, pubblicare integralmente o in parte il contenuto di questa lettera.

I miei migliori auguri di buon lavoro

Cordialmente

Silvia Moretto

[/hidepost]

Pubblicato il
21 Luglio 2021

Potrebbe interessarti

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora

La quiete dopo la tempesta

Qualcuno se lo sta chiedendo: dopo la tempestosa tempesta scatenata a Livorno dall’utilizzo del Tdt per le auto di Grimaldi, da qualche tempo tutto tace: sul terminal sbarcano migliaia di auto, la joint-venture tra...

Leggi ancora