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“Fuga” dall’Afghanistan dei nostri militari

Domenico Rossi

“La missione in Afghanistan, come ampiamente annunciato, si è conclusa e il comandante della Brigata Folgore insieme all’ultima aliquota di uomini e alla Bandiera di guerra del 186° Rgt. è da poco rientrato in Italia, senza che nessuna autorità militare e/o politica di adeguato livello sia stata presente a riceverli”. C’è dell’amarezza in quanto scritto su internet dal generale di corpo d’armata Domenico Rossi, già comandante della nostra spedizione e successivamente sottosegretario alla Difesa.

“Può darsi che sotto un punto di vista regolamentare o di cerimoniale – ha scritto ancora il generale – non esista a riguardo nessun obbligo, ma è chiaro che l’assenza in questione è assolutamente inaccettabile quanto meno sotto un punto di vista etico e morale. Essere presenti significava indirettamente dire grazie non all’ultima aliquota di paracadutisti ma alle migliaia di uomini e donne di tutte le Brigate che si sono avvicendati e che hanno operato per venti anni in ambito internazionale, alzando però tutte le mattine al cielo il nostro Tricolore.

“Essere presenti significava continuare a rendere il doveroso omaggio ai nostri morti in quella terra lontana, morti per dare speranze di vita ad un paese martoriato, per ricostruire le infrastrutture e i servizi necessari, per dare la possibilità alle bambine e alle donne di istruirsi e acquistare maggiore dignità e rispetto e per tanto altro.

“Essere presenti significava ribadire alle famiglie dei caduti non vi dimenticheremo, non dimenticheremo chi ha offerto la vita per rispettare il giuramento alla Patria.

“Essere presenti significava anche rendere onore ai tanti nostri feriti, molti dei quali portano sulle loro carni gli effetti nefasti e irreversibili del fuoco nemico e che oggi continuano con il gruppo paraolimpico a far sventolare alto il Tricolore.

“Essere presenti significava far sentire, al di là dei discorsi e delle parole ufficiali, l’affetto di un Paese nei confronti dei suoi figli con le stellette.

“E ALLORA MI VERGOGNO” scrive ancora il generale. Innanzi tutto di non essere stato li al rientro, ancorché in quiescenza, anche solo per stringere la mano ai tanti o pochi in arrivo, per potere guardarli negli occhi per trasmettere loro il mio affetto, il mio rispetto, la mia stima, uniti da quelle stellette sul bavero che anche quando sei in pensione non ti abbandonano mai.

“Mi vergogno soprattutto come Italiano, cioè come cittadino di un Paese che non ha avuto la sensibilità di pensare a tutto ciò, mentre con gli Europei di calcio in corso in tanti balconi sventola il Tricolore.

I dubbi che mi assalgono sono tanti, il primo dei quali è che ancora una volta non fosse comodo politicamente rendere omaggio al mondo in divisa, specie nel momento in cui si è dovuto ricorrere ad un Generale per portarci fuori da una emergenza vaccinale con serietà e competenza.

“Ho però una speranza, che anche questa mia amara riflessione serva per potere organizzare una cerimonia di conclusione della missione, come fatto a suo tempo per l’operazione “Antica Babilonia”, in cui questo Paese dovrebbe attraverso i massimi rappresentanti rendere onore al merito a tutte le Forze Armate per il loro impegno e contributo, testimoniato anche dal sangue dei loro morti e feriti.

Invito chi concorda con i contenuti a condividere per dare la massima diffusione”.

Pubblicato il
10 Luglio 2021
Ultima modifica
13 Luglio 2021 - ora: 11:29

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