Autotrasporto: ART superflua?

Enrico Longhi
LIVORNO – Il tema del contributo – che qualcuno chiama velenosamente “gabella” richiesto da ART ai terminal portuali continua ad essere di grande attualità. E un gradito ulteriore contributo ci viene dall’avvocato Enrico Longhi di Livorno, specializzato in diritto marittimo e portuale, con la seguente ulteriore nota (la prima è stata pubblicata nel nostro numero del 13 marzo) che entra nel merito della legislazione europea sulla libera concorrenza e sui servizi di trasporto merci su gomma.
Nel mio precedente intervento ho indicato che la libertà tariffaria nel mercato dell’autotrasporto comporterebbe l’impossibilità di qualsiasi intervento di regolazione di tale mercato da parte dell’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti).
Può essere utile una breve (per quanto possibile vista la congerie di norme) precisazione in merito. Dopo anni di sofferta applicazione le tariffe minime obbligatorie per i servizi di autotrasporto (le famose Tariffe a Forcella), che contribuirono più ai bilanci degli avvocati che a quelli delle aziende di trasporto, furono abrogate, su pressione dell’Unione Europea, con il D.lgs. n. 286 del 2005. In particolare l’art. 4, disponeva che, a decorrere dal 28 febbraio 2006, i corrispettivi per i servizi di trasporto di merci su strada sarebbero stati determinati dalla libera contrattazione delle parti.
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Ci fu successivamente una parziale marcia indietro con l’aggiunta al D.lgs. 286\2005 dell’art. 83-bis a mezzo del D.L. n. 112 del 2008, tale nuovo articolo disponeva, tra l’altro, che le tariffe di autotrasporto dovessero essere parametrate sui prezzi del carburante. Tale norma fu nuovamente modificata dal D.L. 6 luglio 2010, n. 103 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2010, n. 127, che stabiliva che l’importo dovuto al vettore doveva essere tale da consentire almeno la copertura dei costi di minimi di esercizio atti a garantire il rispetto dei parametri di sicurezza normativamente imposti. I costi minimi dovevano essere indicati dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto, organismo composto principalmente da rappresentati delle associazioni di categoria di vettori e committenti.
Nel 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (4 settembre 2014 cause riunite C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13) affermò che “l’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, osta a una normativa nazionale, in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio determinati da un organismo composto principalmente da rappresentanti degli operatori economici interessati”. Una tale norma contrasterebbe infatti gravemente con i principi informatori dell’UE in tema di libertà di concorrenza e di libero mercato.
La L. 23 dicembre 2014, n. 190 provvide quindi ad adeguare la normativa italiana a quella comunitaria con la modifica dell’art.83 bis col nuovo testo che prevede al comma 4 che “Nel contratto di trasporto, anche stipulato in forma non scritta, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, e successive modificazioni, i prezzi e le condizioni sono rimessi all’autonomia negoziale delle parti, tenuto conto dei princìpi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale”.
L’Ordinanza 21\6\2016 della Corte Europea (in causa C-121-16) dichiarò successivamente la legittimità dei “costi minimi” se stabiliti da un’Autorità Pubblica, e non più da un ente privato come l’Osservatorio sulle attività di autotrasporto. La decisione riguardava però trasporti eseguiti prima dell’abrogazione di tale norma avvenuta con la menzionata legge 190\2014.
È quindi rimasto vigente e cogente, ad oggi, un unico limite alla libertà contrattuale delle parti, quello previsto dal comma 5, che lega parzialmente il prezzo delle prestazioni previste da contratti di durata superiore ai 30 giorni al costo del gasolio di autotrazione e prevede l’adeguamento automatico del prezzo in caso di variazioni del costo del carburante superiori al 2%.
Numerose pronunce giudiziali di merito hanno confermato la legittimità delle azioni di adeguamento intraprese dai trasportatori sulla base di tale norma.
La sentenza n. 47 del 7 febbraio 2018 della Corte costituzionale ha poi chiarito che l’articolo 83 bis commi 1,2,3,6,7,8,10 e 11 della legge n. 133/2008 non si pone in contrasto con i principi costituzionali avuto riguardo al principio che un interesse di ordine generale (la sicurezza della circolazione stradale) può legittimare una limitazione alla libertà negoziale delle parti, principio di rango costituzionale anch’esso. Va tuttavia notato che tale limitazione all’autonomia negoziale delle parti non fa venir meno il principio sancito dalla Corte Europea e recepito dal precedente comma 4, essendo la limitazione alla libertà contrattuale delle parti circoscritta a ben individuate circostanze di fatto e munita di un meccanismo pre-ordinato di adeguamento che rende superflua ogni eventuale ulteriore attività di regolazione dei prezzi del mercato.
Le successive emanazioni, da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, di tabelle dei costi minimi dei servizi di autotrasporto, finalizzati alla sicurezza stradale, non possono inoltre essere intese come un limite all’autonomia negoziale delle parti in quanto si tratta di “raccomandazioni” prive di valore cogente, come previsto dall’articolo 1, comma 250 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti… pubblica e aggiorna nel proprio sito internet valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi) e come precisato anche dall’ultimo Decreto Direttoriale del 27\11\2020 (Ferma rimanendo la natura non cogente dei valori dei costi di esercizio di cui al presente decreto…).
La questione dei costi minimi dell’autotrasporto non è certo arrivata al suo termine, e le associazioni di categoria continueranno a premere per l’applicazione, magari non solo volontaria, delle tabelle ministeriali, la cosa che sembra evidente però è che l’ART è comunque estranea a tali dinamiche.
Le possibili (ma residuali) ipotesi di regolazione del mercato dell’Autotrasporto sono infatti disciplinate direttamente dalla legge (art. 83bis comma 5 D.lgs. 286\2005) o sono riservate all’attività svolta dal competente Dipartimento del MIT (art. 1 c.250 L. 190\2014), cosa che rende impossibile, oltre che superflua, ogni attività dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti e che rende illegittima ogni pretesa di assoggettare a tributo le imprese esercenti attività di autotrasporto.
Enrico Longhi
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