Quanta tecnologia per dire green
BRUXELLES – Mai come di questi tempi, sotto la spinta delle stesse fonti oggi definite con il termine inglese “influencer”, l’industria d’avanguardia si è tanto dedicata a pulire i suoi panni nel verde. Fermiamoci ad un esempio, l’auto. Se oggi non è almeno hybrid, non ha diritto di definirsi moderna. E più o meno in tutto il mondo il diesel è demonizzato malgrado sia uno dei cicli di combustione più puliti in essere: tollerato, questo si, se è abbinato a una componente di motorizzazione elettrica, che però a sua volta richiede batterie ancora inquinanti, difficili da smaltire e costose. Il mensile dell’ACI, per esempio, sta portando avanti da mesi una campagna tambureggiante proprio sull’auto elettrica: ignorando che lo stesso patron di Toyota, precursore nel campo, abbia poche settimane fa dichiarato che questo sistema è solo un palliativo e se si vorrà una vera automobile non inquinante dovremo aspettare l’idrogeno.
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Questa disgressione sull’auto serve a far capire che non sempre la ricerca della vera soluzione “green” porti a risultati validi, ma a soluzioni che alla fine risultano poco più concreti di una spennellata a coprire le …vergogne.
Eppure, auto a parte, ci sono campi dove la rivoluzione “green” sta davvero arrivando.
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L’“agenda 2030”, con i suoi obiettivi per un mondo più pulito, ha investito il mondo della logistica come un treno in corse: specie sul mare, con l’adozione sempre maggiore di carburanti gassosi, di potenti filtri dei fumi, e con linee di carena e vernici che riducono la resistenza dell’avanzamento. Poi fioriscono le start-up: alcune fantasiose, altre davvero promettenti. Spulciando qua e là, eccone alcuni esempi.
L’inglese Arborea ha messo a punto un pannello solare che oltre a dare energia favoriscono la crescita di alghe commestibili, le quali assorbono inoltre CO2 per svilupparsi. Pare che ogni singolo pannello assorba grazia alle alghe la “CO7” pari a quella che verrebbe assorbita da cento alberi.
Altra start-up: Desert Control, made in Norge (Norvegia) ha realizzato una vernice speciale che spruzzata sui terreni aridi – comprese le sabbie dei deserti – consente di trattenere l’umidità dell’aria fino a permettere le coltivazioni adatte l’alimentazione umana.
A sua volta l’Enel italiana ha inventato turbine sottomarine che piazzate dove ci sono forti correnti – si veda lo stretto di Messina per esempi – producono energia elettrica senza “disturbare” il paesaggio come si ritiene possano fare le pale eoliche. Sull’energia elettrica generata dal moto ondoso ormai i sistemi sono tanti: quelli piazzati sulle dighe con galleggianti, quelli che consistono in zattere ancorate al largo, quelli che intrappolano l’alta marea in vasche costiere per far defluire l’acqua trascinando turbine. Eccetera.
La più originale delle proposte viene ancora da Londra, dove la Dendra Systems ha messo a punto un sistema ultraveloce di riforestazione: tramite droni vengono “sparati” su terreni adatti speciali raffiche di semi potenziati, che fanno crescere alberi a ritmi …drogati. I programmi della Dendra sono più che ambiziosi: ritiene di poter piantare in pochi anni cinquecento miliardi di alberi. Che ci crediate oppure no, lo certifica, un ponderoso studio tecnico della stessa Dendra.
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