L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Autoproduzione: la parola all’AGCM

Luca Brandimarte
Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante l’autoproduzione.
ROMA – Torniamo “a gamba tesa” sulla questione dell’autoproduzione delle operazioni portuali di cui, lo scorso agosto, avevamo tentato di fornire una panoramica giuridica alla luce della novella introdotta dall’articolo 199-bis del Decreto Rilancio.
Già nel citato numero della nostra rubrica, avevamo evidenziato il fatto che, così come formulato, il “nuovo” articolo 16 della Legge n. 84/94 limitasse (rendendolo de facto inattuabile) il diritto dell’armatore che scala un porto della Repubblica di usufruire della propria organizzazione di mezzi e personale per eseguire una operazione portuale. Il tutto, in potenziale contrasto sia con la normativa nazionale che con quella europea.
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E infatti, come era prevedibile, non si è fatta attendere la risposta dell’AGCM la quale, nell’ambito delle proprie prerogative istituzionali, ha segnalato al Parlamento e al Governo i potenziali effetti distorsivi della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato delle operazioni e dei servizi portuali derivanti dalla novella. Il tutto segnalando alle Istituzioni adite l’opportunità di “[…] rivedere, se non abrogare, la norma in questione […]”.
Proviamo dunque ad analizzare, ancora una volta, il contesto normativo di riferimento.
In primo luogo, l’AGCM segnala il contrasto della norma con i principi di cui all’art. 9 della legge antitrust nazionale “[…] che espressamente prevede la possibilità per le imprese di ricorrere all’autoproduzione, ove tale attività non contrasti con esigenze di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale […]”. A detta del Garante, dunque, parrebbe evidente come la recente riforma sia suscettibile di effettuare un discrimine a danno dei vettori marittimi e in favore delle imprese portuali, creando una barriera all’ingresso del mercato delle operazioni e dei servizi portuali a vantaggio degli operatori già esistenti in ciascun porto.
Al riguardo, tale considerazione parrebbe essere condivisibile sul presupposto che non possano addursi, come ribadito a più riprese anche dalla stessa AGCM, giustificazioni legate al tema della sicurezza della navigazione per consentire la negazione al diritto di autoproduzione; sicurezza peraltro già presidiata, da prima della novella, dal regime di cui all’art. 8 del D.M. n. 585/95 contenente tutte le garanzie che consentivano di rilasciare le autorizzazioni contemperando le esigenze di sicurezza, di tutela del lavoro e di competitività dei porti e delle imprese che vi operano.
In secondo luogo, e questo è forse il passaggio più significativo della segnalazione, l’Autorità Garante evidenzia come la norma contrasti con i principi stabiliti dalla sentenza dell’allora Corte di Giustizia delle Comunità Europee (oggi CGUE), meglio nota come sentenza “Porto di Genova”, nonché “leading-case” in materia.
La sentenza della Corte – che, lo ricordiamo, ha efficacia diretta negli ordinamenti interni degli Stati membri e prevale in caso di “contrasto” con norme nazionali – già agli inizi degli anni ’90 evidenziava come le riserve di attività relative alle operazioni portuali previste dall’ordinamento interno fossero all’origine di distorsioni della concorrenza; e quindi illegittime.
Censure, attuali anche a parere di chi scrive, che oggi vengono nuovamente mosse dall’AGCM nella misura in cui la norma, in linea con quanto stabilito dalla sentenza “Porto di Genova”, ricreando posizioni dominanti nei singoli scali portuali e quindi suscettibili di indurre “[…] l’operatore dominante a sfruttare abusivamente il proprio potere di mercato […]”, si pone in contrasto con la normativa posta a tutela della concorrenza. Il tutto, aggiunge l’AGCM, mal si concilierebbe anche con il Regolamento (UE) 2017/352 nella misura in cui viene limitato l’accesso ai servizi e quindi anche alle operazioni portuali.
In conclusione, la segnalazione ha evidenziato alle Istituzioni le criticità della riforma dell’art. 16 della Legge portuale introdotta dal Decreto Rilancio, in quanto avrebbe disatteso la finalità della normativa emergenziale di contenere le ripercussioni derivanti da COVID-19. Fermo quanto sopra, dunque, non resta che attendere l’evolversi della situazione. Il tutto ricordando che dovrebbe essere di prossima pubblicazione anche il decreto attuativo previsto dalla norma e contenente la disciplina di dettaglio, che andrà a modificare l’attuale art. 8 del D.M. n. 585/95; decreto che sarà comunque soggetto ad un parere preventivo della stessa AGCM e del Consiglio di Stato.
Insomma, la partita rimane aperta.
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