Nelle AdSP: quelle sirene dei bilanci in attivo
LIVORNO – Fateci caso: nel limbo dell’attesa per l’annunciata scadenza generale dei presidenti – solo in Liguria il ministro ha proposto alla Regione la riconferma – sono molte le AdSP che vantano, con più o meno soddisfazione, la chiusura del bilancio in attivo. Parecchie con attivi notevoli. Qualcuna – diciamolo, per onestà d’informazione – accompagnata da altrettanta soddisfazione per investimenti concreti.
La domanda sorge spontanea: vero che la legge 84/94 minaccia di commissariamento chi dovesse chiudere in passivo: ma questa stessa norma, in teoria virtuosa – altrimenti qualche megalomane o peggio avrebbe potuto lanciarsi in operazioni spericolate – non costringe a rinunciare ad importanti iniziative, oppure a tartassare i “clienti” del porto? Questi attivi non sono delle ingannevoli sirene che, come tentarono con Ulisse, cercano di portare fuori rotta al disastro la sua nave?
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Leggevo, tempo fa, una riflessione del professor Fabrizio Vettosi, uno dei più attenti analisti internazionali sulle problematiche della portualità e dello shipping, proprio in relazione agli attivi di bilancio delle AdSP. Vettosi fa parte del board di Confitarma come vicepresidente della commissione Fisco & Finanza, ed ha creato una decina di anni fa uno strumento autonomo di Private Equity & Advisory molto quotato.
Vi ripropongo la sua osservazione nella parte essenziale:
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“Anziché farsi prendere dalla bulimia legislativa, riformando la 84/94 penserei a farla funzionare meglio, omogeneizzando regole e procedure attraverso l’agognata emanazione del Regolamento sulle Concessioni. L’attendiamo da 26 anni. Inoltre, ci vorrebbe maggior dirigismo con l’applicazione dell’articolo 11-Ter della 84/94, quello che istituisce la Conferenza delle Autorità di Sistema Portuale. Senza la centralità di questo istituto rischiamo di vivere molti casi come quello di Venezia».
«Con milioni di euro in avanzo – scrive ancora Vettosi – si rischia di generare un surplus a carico degli utenti. Se è vero che le autorità di Sistema Portuale chiudono con lauti avanzi o utili, e molti terminalisti hanno ritorni con ROCE a doppia cifra che inizia per 2, chi paga questo conto? Penso che a farne le spese siano spesso la merce e gli utenti, in questo caso gli armatori e, quindi, la supply-chain in generale. Così si rischia di rendere meno competitivi i nostri porti. Abbiamo provato a verificare quanto costa una toccata di un porto italiano e come impatta sulla merce resa CIF?».
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Francamente non credo che Fabrizio Vettosi sia l’unico a pensarla così. Come ho accennato, alcune AdSP stanno attuando piani d’investimento notevoli, con finanziamenti propri e senza gravare sui clienti. Il problema rimane il solito: si opera in autonomia, con quella che tempo fa qualcuno che se ne intende attribuiva ai presidenti “la vocazione al martirio”. Il ministro insiste a cambiare i presidenti mentre sono in corsa? E porta avanti intanto anche la definizione del “piano” dei commissari per le opere urgenti? I quali commissari dovrebbero essere – secondo la vulgata – o i sindaci, o i presidenti di Regione oppure (ma va?) i presidenti delle AdSP, ma in ultima analisi? Insomma, un gran pasticcio senza certezze.
Altro che belle sirene della mitologia: qui se non si sta attenti scattano quelle d’allarme…
Antonio Fulvi
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