E poi le chiamano barche…
CAGLIARI – Chi l’ha vista navigare, nelle acque del golfo sardo, parla di un aereo basso sull’acqua: velocità mozzafiato, ben superiori a quelle di un medio gommone, manovrabilità ridotta, frenate da formula uno quando lo scafo torna a toccare l’acqua e poi accelerazioni altrettanto brucianti. Insomma i Coppa America d’oggi – e questa edizione di “Luna Rossa” ne è l’espressione a noi più vicina – per gli appassionati della vela sono tutto fuorché barche.
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Si dirà che questa estremizzazione aiuta poi la produzione di serie delle grandi barche a vela, se non altro nello studio delle resistenze dei materiali, delle evoluzioni delle carene, delle stesse vele (che diventano sempre più rigide, vere e proprie ali d’aereo) eccetera. È indubbio che la ricerca, spinta dalla competizione, insegna. È anche indubbio che si perde molto di quel lato romantico, rilassante e poeticamente universale, che era e rimane l’esercizio della vela. Ma sono sensazioni.
L’utilizzo dei foils, ovvero delle ali sommerse che fanno sollevare gli scafi dall’acqua riducendo drasticamente la resistenza idrodinamica, sta intanto affacciandosi anche nel diporto: come si vede dalla seconda delle due foto qui sopra, riferita a un motoscafo medio. De gustibus…
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