Addio Rossano! Ma ci rimane l’eterno della tua campana

Rossano Lorenzini
LIVORNO – Sono questi tempi di morte. Di tante morti. Eppure quando muore un fratello, un amico, anche il fratello di un amico, ci sembra che la Bella Signora abbia colpito anche noi. E come cantava De André, non ci si può difendere: “non serve colpirla nel cuore / perché la Morte mai non muore”.
Le nostre parole di amici, come quelle dei tanti amici che gli sono arrivate nei giorni scorsi, non consoleranno certo Enio per la morte del fratello Rossano. Il vuoto che lascia un fratello è sempre incolmabile. Quando poi è un fratello che condivideva le stesse passioni, che lavorava nello stesso porto, che aveva molti degli stessi compagni di impegno e gli stessi amici, se possibile è ancora più dura.
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Rossano, 77 anni e come Enio anima del porto di Livorno, s’è guadagnato tanti ricordi affettuosi sulle pagine del quotidiano livornese: e cosa rara, tutti sinceri. Ha scritto per lui il collega del Tirreno Mauro Zucchelli, che il porto e i portuali li conosce bene, dei “legami di sangue” con la Compagnia portuali e con tutti i suoi lavoratori. Enzo Raugei, presidente della Cpl, ha voluto ricordare anche il padre di Enio e Rossano, il mitico Dino. Ha ricordato la sua figura carismatica sui gozzi del palio marinaro, l’affetto anche degli avversari degli altri rioni a quel bravo atleta sempre positivo e sorridente. Non possiamo che ripetere, senza rubare le parole di Mauro, il tanto affetto che è arrivato con il cordoglio. Gli rubiamo però il ricordo delle quattro campane della chiesa di Crocetta, dedicate ciascuna a un protagonista del porto di Livorno: che furono Vasco Jacoponi, Tito Neri, Gaetano D’Alesio e Rossano Lorenzini. Scriveva John Donne, ripreso poi da Hemingway nel suo celebre romanzo di guerra: “Quando suona la campana non chiederti per chi: suona anche per te”. Ricordiamo di questi quattro grandi quando sentiremo le campane di Crocetta: perché è anche grazie a loro, quei quattro, che oggi noi viviamo su queste banchine.
A.F.
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