Visita il sito web
Tempo per la lettura: 3 minuti

L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Aree private all’interno nei porti: si può?

Luca Brandimarte

Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, junior advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante le aree private nei porti.

ROMA – In questo nuovo numero della nostra rubrica affrontiamo una tematica di notevole rilevanza per il “mondo” portuale. Trattasi della oramai nota presenza, all’interno di plurime realtà portuali nazionali, di aree di proprietà privata.

Come si conciliano tali situazioni con le disposizioni di legge vigenti in materia demaniale? E soprattutto possono essere considerate giuridicamente “ammissibili”?

[hidepost]

La risposta ai quesiti di cui sopra non è affatto di semplice e immediata soluzione. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Il Codice Civile stabilisce agli Articoli 822 e 823, rispettivamente, che: (i) il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti fanno parte del demanio pubblico e appartengono, quindi, allo Stato; (ii) i beni rientranti nel demanio pubblico sono inalienabili.

L’Articolo 18 della Legge n. 84/94 (“Legge Portuale”) prevede che la concessione di aree e banchine portuali può avvenire solamente a favore di un soggetto che, all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, sia stato individuato dall’AdSP come il migliore a poter soddisfare l’interesse generale alla luce degli impegni declinati nel proprio Piano di Impresa (i.e. obiettivi di traffico, investimenti, capacità economico-finanziaria etc.).

Ecco allora che, dalla lettura del combinato disposto degli Articoli 822 ed 823 del Codice Civile e dell’Articolo 18 della Legge Portuale, parrebbe evidente che l’utilizzo stabile da parte di un imprenditore di aree di banchina (e di piazzali retrostanti dedicati allo svolgimento di operazioni portuali) possa avvenire solo mediante il modello della concessione demaniale nelle forme previste dalla legge. Ciò con la conseguenza che eventuali aree “private” dovrebbero essere formalmente demanializzate e restituite al loro effettivo uso demaniale nelle forme consentite dall’ordinamento. Il tutto, anche a tutela degli interessi erariali – rectius dello Stato – e della concorrenza.

Fermo quanto sopra, tuttavia, non è infrequente la presenza di aree private all’interno dei nostri porti. Sembrerebbe quindi evidente come tali situazioni mal si concilino con la sopracitata normativa vigente in materia.

Anzitutto, pare opportuno segnalare che eventuali atti di cessione (e quindi anche i relativi atti di locazione) di tali aree dovrebbero considerarsi, per impossibilità dell’oggetto, nulli di diritto.

Sul punto, inoltre, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui l’identificazione di un bene come appartenente (o meno) al demanio marittimo dipenda dalla idoneità dello stesso a realizzare gli interessi che appartengono ad usi pubblici (del mare). Ci si chiede, tuttavia, come sia possibile stabilire se un bene portuale sia ricompreso o meno nel demanio pubblico – rectius demanio portuale necessario – in ragione della sua natura di bene funzionale agli interessi della realtà portuale di riferimento.

Ad avviso di chi scrive, alcuni possibili indici rilevatori della demanialità di un’area portuale potrebbero individuarsi: (i) nel fatto che la stessa sia ricompresa nello spazio doganale e nel perimetro del porto; (ii) nell’applicazione delle norme vigenti in materia di operazioni e/o servizi portuali ai soggetti che sulla stessa operano; (iii) nell’assoggettamento di detta area alla legislazione vigente in materia di “safety & security” (i.e. ISPS Code); (iv) nella contiguità ad altra area demaniale.

Alla luce di quanto sopra, ove con riferimento ad una determinata area siano riscontrabili tali criteri, l’Amministrazione competente a livello locale dovrebbe, in linea con quanto previsto dal Codice della Navigazione, valutare se ampliare o meno il demanio marittimo di riferimento.

In conclusione – posto che l’utilizzo stabile di aree di banchina (e dei piazzali retrostanti) dovrebbe avvenire solo mediante il rilascio di una apposita concessione demaniale – fermo restando la sopra esposta nullità degli atti di compravendita di un’area “privata” all’interno di un porto, sembrerebbe possibile ottenere la ripetizione dell’indebito in caso di nullità di tali atti. Non parrebbe tuttavia ipotizzabile un indennizzo a favore dell’operatore privato eventualmente spossessato del bene. Il tutto ad eccezione del caso in cui sia dimostrabile che l’acquisizione dell’area in questione sia precedente all’asservimento della stessa alle operazioni ed ai servizi portuali.

[/hidepost]

Pubblicato il
15 Febbraio 2020

Potrebbe interessarti

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora

La quiete dopo la tempesta

Qualcuno se lo sta chiedendo: dopo la tempestosa tempesta scatenata a Livorno dall’utilizzo del Tdt per le auto di Grimaldi, da qualche tempo tutto tace: sul terminal sbarcano migliaia di auto, la joint-venture tra...

Leggi ancora