Anche la pesca con i vantaggi della “new green”
ANCONA – Il “Sistema” Portuale dell’Adriatico Centrale ha una costellazione di scali che, avendo perno su quello principale di Ancona, si articola tuttavia in ben altri cinque sorgitori, tutti con una specializzazione condivisa che non è sempre la minore: la pesca professionale. Si tratta dei porti di Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto ed Ortona, dove hanno base le flotte pescherecce italiane più attrezzate e più specializzate. E l’impegno sancito dall’organizzazione mondiale per una riduzione degli inquinanti nelle emissioni navali si rifletterà indubbiamente anche sullo stato di salute del mare, a vantaggio del pescato.
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Non si tratta di un problema secondario. Secondo gli ultimi rapporti a livello mondiale, lo stock ittico marino che rientra in livelli biologicamente sostenibili è sceso al 90% della metà degli anni ‘70 al 65% nel 2015. Più amara ancora la situazione nel Mediterraneo: secondo MedReAct, l’organizzazione sul recupero della biodiversità nel Mediteraneo, il 96% degli stock ittici dell’Adriatico è sopra-sfruttato e la pressione supera di nove volte il livello sostenibile: ma tutto questo non tanto per colpa della pesca, quanto perché l’inquinamento marino dovuto alle navi ma specialmente agli scarichi urbani, ha reso problematico lo sviluppo di molte specie ittiche. È ovvio che ogni intervento teso a migliorare la qualità dell’aria e dell’acqua in Adriatico avrà come riflessi indiretti (e in certe aree anche diretti) sullo sviluppo delle specie ittiche e della loro catena alimentare, con ricadute nel futuro più o meno prossimo anche sulla pesca. In questa chiave l’AdSP dell’Adriatico Centrale ha operato, opera ed opererà ancora perché la politica “green” non sia solo uno sloga.
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