Diportisti: quel Registro azzoppato
ROMA – Avanti adagio, molto adagio quasi indietro: è la battuta classica del ponte di comando di una nave quando si va in esplorazione in un porto nuovo, o comunque non si è sicuri che quanto prospettato risponda a verità.
L’abbiamo riesumata in occasione del recente annuncio – emanato dal Comando generale delle Capitanerie e rilanciato da UCINA – sull’entrata in servizio del registro telematico delle imbarcazioni da diporto. Ne abbiamo scritto mercoledì scorso. Peccato che ad ulteriori approfondimenti risulta che siamo solo all’inizio di una procedura che appare tutt’altro che immediata.
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Le stesse Capitanerie hanno chiarito che il Registro è partito dal 1 settembre solo per le nuove iscrizioni. Comprensibile del resto: per mettere mano ai libroni delle vecchie iscrizioni sarebbe stata necessaria una disponibilità di addetti e di tempo che evidentemente non c’è stata. La soluzione è che le vecchie iscrizioni saranno trasferite nel registro telematico solo al momento in cui ci saranno variazioni di proprietà, o modifiche da registrare agli apparati, o rinnovo delle licenze. Comprensibile anche questo: non si fanno – come dice un vecchio adagio – le nozze con i fichi secchi, ovvero con il personale sempre all’osso delle Capitanerie.
Il problema più serio però è un altro: l’iscrizione al Registro telematico al momento (e non si sa fino a quando) darà all’utente soltanto il vecchio certificato cartaceo, invece che la “card” plastica simile alla patente automobilistica che era prevista. Motivo: il poligrafico dello Stato non ha fatto a tempo a varare le “card”. Potrebbe sembrare un dettaglio trascurabile: in fondo siamo andati avanti per decenni con la carta, possiamo aspettare ancora. Di fatto però, oltre a un passaggio “azzoppato”, l’utente si troverà poi nella necessità di tornare alle Capitanerie – o alle agenzie di pratiche automobilistiche/navali autorizzate – per farsi sostituire la carta con la “card”. Se non ci saranno altre complicazioni, e ovviamente altre spese. Appunto: avanti adagio, quasi indietro?
Antonio Fulvi
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