Le specie “aliene” in mare oggi prediligono i porti

Nella foto: Un anelliforme marino alieno che si sta espandendo nelle acque vicino ai porti.
FIRENZE – Al primo congresso dedicato al mare MS SeaDay, organizzato da Società Chimica Italiana e patrocinato da ARPAT, l’agenzia toscana per l’ambiente ARPAT ha presentato l’attività di monitoraggio sull’ambiente marino ed in particolare quella svolta dal 2015 ad oggi, nell’ambito della direttiva sulla Strategia Marina (2008/56/CE).
La Strategia Marina ha infatti permesso ad ARPAT di approfondire alcune attività sul mare, tra queste il monitoraggio delle specie non indigene che vengono introdotte nel nostro mare attraverso le attività umane.
Il convegno è stato l’occasione per divulgare i risultati dell’attività di monitoraggio svolta dal 2015 ad oggi in Toscana per le specie non indigene (NIS).
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Per specie non indigene (NIS) si intendono tutte quelle specie la cui distribuzione al di fuori dell’areale di origine è dovuta ad un’introduzione volontaria o involontaria da parte dell’uomo. Ad oggi le più frequenti vie di introduzione risultano legate all’acquacoltura, ai traffici marittimi (acque di zavorra e fouling) o all’espansione di areale per cause antropiche, come le specie animali e vegetali che dal Mar Rosso arrivano nel Mar Mediterraneo attraversando il Canale di Suez.
L’introduzione di NIS è considerata una delle principali cause della perdita di biodiversità autoctona ed alla conseguente perdita di habitat. In tal caso, le NIS possono manifestare caratteristiche di specie invasive influenzando ed alterando gli equilibri degli ecosistemi con fenomeni di competizione e ibridazione con specie autoctone.
Oltre alle NIS è importante ricordare e definire le specie criptogeniche ovvero quelle specie per le quali non è possibile definire la certezza dell’origine aliena o nativa a causa di scarse conoscenze sulla specie.
Ad oggi il bacino del mediterraneo, considerato come la regione marina più “invasa” del mondo, conta fino a 850 NIS e, data la perdita economica dovuta dalla loro presenza, nasce la necessità di attuare misure di prevenzione, contenimento e controllo delle stesse.
La normativa Europea si esprime sulla problematica con regolamenti (es. Reg. (UE) N. 1143/2014) e direttive, come la Direttiva Quadro sulla Strategia Marina che pone attenzione sull’inquinamento biologico causato dall’introduzione di NIS e grazie alla quale vengono attuate campagne di monitoraggio mirate.
Nell’ambito della Direttiva sulla Strategia Marina e del suo recepimento con il D.lgs. n. 190 del 13 ottobre 2010, in Italia sono state individuate 16 aree da monitorare per valutare la presenza e l’abbondanza delle NIS. Fra queste sono state preferibilmente scelte località portuali, ovvero zone maggiormente soggette a nuove introduzioni di specie a causa di un elevato traffico marittimo rientrando in un sistema di prevenzione, che anticipa quelle che possono essere le future introduzioni nei sistemi biologici.
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