Sui vivi i morti e i marinai
LIVORNO – È una storia lunga di secoli, quella della condizione di troppo frequente abbandono dei marittimi. Tanto che uno dei saggi dell’antica Grecia, certo Platone, sosteneva che ci sono tre generi di uomini: i vivi, i morti e quelli che vanno per mare.
Da allora sembra sia davvero cambiato poco nel mondo. E malgrado le tante tutele ufficiali della professione, accade spesso che navi messe improvvisamente in disarmo, o sequestrate, o in attesa di permessi dal Psc, abbandonino di fatto equipaggi in porti lontani da quelli d’armamento, senza nemmeno la panatica, un telefono, un’assistenza sanitaria.
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Il moderatore del dibattito in Fortezza Vecchia, il direttore del giornale Il Tirreno Fabrizio Brancoli, pur dicendosi “inesperto tra gli esperti” ha giustamente ricordato i valori umani che devono andare al di sopra di norme, regole e cavilli troppo spesso aggirabili o comunque non totalmente efficaci.
Poco da aggiungere all’accalorato dibattito: se non che nel porto di Livorno l’impegno a sostenere la “Stella Maris” è stato preso a carico da pochi imprenditori – certamente, troppo pochi – mentre sarebbe necessario allargarlo anche alle istituzioni e a chi dispone della grande finanza pubblica e privata. Perché se è vero che i marittimi abbandonati fanno spesso parte di una categoria subumana – come sosteneva Platone – questa città aveva come motto e genesi l’accoglienza di tutte le genti. Ricordarselo non sarebbe davvero male.
A.F.
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