Senza il mare l’Italia non ha chance

Nella foto: Al centro il presidente di Federagenti insieme ai relatori dell’assemblea.
ANCONA – Ingresso sempre più massiccio e sofisticato della tecnologia nei porti che mette a rischio molte professioni – fra le prime proprio quella degli agenti marittimi – burocrazia ed immobilismo, invisibilità del settore. Questi i grandi temi cardine della 70a Assemblea di Federagenti sui quali il presidente Gian Enzo Duci ha proposto il confronto con gli interlocutori per intercettare possibili soluzioni sottoponendo alla loro valutazione dieci proposte.
La riunione – la prima delle due che Federagenti organizza ogni anno, quella itinerante, dedicata a portare il “mondo” nei porti italiani (la seconda si tiene a fine anno nella capitale e concentra l’attenzione sulle esigenze dei singoli porti) – quest’anno si è tenuta a Portonovo ed è stata aperta dai saluti del presidente degli agenti marittimi delle Marche ed Abruzzo Andrea Morandi.
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Il manifesto programmatico sulle emergenze del cluster del presidente Duci è stato preceduto dalla sua relazione che è partita dall’analisi dei traffici marittimi: è emerso che negli ultimi 40 anni le tonnellate di merci trasportate sono aumentate da 3 miliardi a 12, una crescita dovuta all’aumento della popolazione mondiale ma anche all’incremento per singolo abitante (da 0,68 tonnellate movimentato via mare per abitante al mondo alle 1,56 tonnellate attuali) e che questa proporzione non si è avuta in nessun altro settore dell’economia. Il contesto, ideale per qualsiasi mercato, prospetta per quello marittimo una crescita costante legata alle previsioni di crescita della popolazione a livello mondiale nel prossimo ventennio. A fronte dell’aumento della domanda verificatasi negli anni c’è stato un significativo investimento per l’aumento delle flotte da parte degli armatori che ha prodotto buoni risultati con noli alti e ricchezza per tutta la filiera fino al primo decennio del 2000 per poi – a causa di errate valutazioni nella previsioni di crescita della domanda – produrre negli anni successivi un eccesso di offerta che tutt’oggi sconta. La difficoltà del mercato dunque va ricondotta in buona parte a queste previsioni sbagliate.
Si stanno comunque vedendo delle soluzioni: il peso delle banche nel settore armatoriale sta progressivamente diminuendo su una flotta che vale circa 800 mld di dollari; Duci ha ricordato che la cantieristica a livello mondiale per alcuni paesi rappresenta l’attività più importante; anche in Italia Fincantieri grazie ad una corretta pianificazione, pur partendo da una situazione fallimentare, in dieci anni è arrivata a primeggiare nel mercato a livello mondiale e, con il settore crocieristico, oggi primo committente dell’industria pubblica in Italia.
Intanto – ha proseguito Duci, anche in riferimento all’intervento del direttore di SRM Massimo Deandreis – il mondo si sposta verso l’Asia: in quei porti si imbarcano e sbarcano le percentuali più alte in assoluto di merci e metà della flotta mondiale oggi è controllata da interessi economici asiatici. A Singapore è in costruzione un teminal di 50 mln di TEU e si pianifica un futuro che prevede il depotenziamento dei porti europei con l’eccezione di Rotterdam, comunque ultimo in classifica. Anche nei confronti delle opportunità che ci vengono dalla Cina dovremo ben capire come interfacciarci e – come loro – pianificare nel medio e lungo periodo. A fronte di eccellenze assolute che si sono affermate in questi anni – come Grimaldi nel settore traghetti – siamo ancora carenti nella logistica per terzi, al contrario di altri paesi europei: solo tre player MSC, Nuova Marine Carrier e Scorpio stanno crescendo in questo settore.
In sostanza – ha spiegato il presidente Federagenti – mentre il mondo ha registrato un cambiamento mai visto prima nel settore, i nostri porti hanno quasi raggiunto una saturazione strutturale e mancano infrastrutture per velocizzare il traffico merci. Il problema risiede per grande parte nella burocrazia: 160mila leggi (fra cui 75.000 statali ed il resto regionali) impediscono di agire in tempi rapidi.
Il decalogo proposto dal presidente Duci prevede la nomina di un sottosegretario della presidenza del Consiglio per la pianificazione dello spazio marittimo, un’identificazione di 3 porti, 1 aeroporto e 4/5 interporti da disciplinare in via speciale per l’internazionalizzazione della logistica italiana, una short list di infrastrutture prioritarie per la competitività del sistema Italia che possano avvalersi delle regole del decreto Genova, l’emanazione del regolamento delle concessioni portuali (per una omologazione di regole nei porti), la creazione di un centro unico presso il MIT per progettare opere e gare di appalto per tutte le AdSP, il portare le autorità portuali fuori dall’elenco ISTAT, la modifica della legge sui dragaggi, l’Agenzia delle Dogana funzionalmente sottoposta al MIT (come la Guardia Costiera), il ritorno dei sindaci e presidenti delle Regioni negli organi di gestione dei porti e la creazione dell’Agenzia centrale per il Registro Internazionale italiano.
Sono intervenuti su questi temi il comandante generale delle Capitanerie di Porto Giovanni Pettorino, il presidente Confitarma Mario Mattioli, il presidente Assarmatori Stefano Messina ed il direttore generale del MIT Mauro Coletta. La proposta di un sottosegretario allo “spazio marino” ha raccolto molto apprezzamento (Pettorino si è espresso anche a favore di una maggiore forza alla struttura dirigenziale del MIT per evitare imposizioni di regole da altri organi); relativamente ai sindaci e presidenti di regione nei comitati dei porti si è aggiunta anche la richiesta di un loro apporto più strategico che amministrativo. Fra gli altri suggerimenti: da Stefano Messina un ruolo più importante da parte di Cassa Depositi e Prestiti e un richiamo fortissimo ed imprescindibile alla unità del cluster per evitare la sua implosione da parte di Mario Mattioli. Da parte del dirigente Coletta, insieme alla notizia di un ampliamento della struttura tecnica del MIT con il recente ingresso di quattro ingegneri, anche la segnalazione del problema dell’immobilismo dato dalla paura delle deleghe e delle responsabilità oltre alle problematiche incontrate con il MINA in merito all’indirizzo proposto per i dragaggi.
In ultimo, la visione del settore dei due opinionisti Luca Telese e Gianantonio Stella – invitati da Gian Enzo Duci – ha confermato che, a prescindere dal colore dei governi che si sono succeduti in Italia, il comparto non è mai riuscito ad avere l’attenzione che avrebbe meritato in considerazione della sua importanza – un potenziale di oltre il 10% del PIL Paese – e la necessità di superare la tipica tendenza italiana del “particolarismo” per lavorare uniti: due obiettivi su cui concentrarsi per pianificare, lottare contro la burocrazia, diversificare le attività ed ampliare i mercati.
C.G.
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